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“Una gran figata”. Così ha definito senza mezzi termini Marchionne l’accodo fra Alfa Roneo e Sauber che riporta 32 anni dopo il nome e il marchio Alfa Romeo in Formula Uno.
Giusto definirlo un episodio “storico” quello di riportare questo marchio alle corse automobilistiche oppure è semplice marketing? A mio parere è comunque un evento importante e significativo. Per l’Italia e per l’automobilismo intero. Perché l’Alfa Romeo veramente ha fatto la storia delle corse decine e decine di anni fa. Più di tanti altri. Pochi lo sanno, ma Alfa Romeo – si proprio quell’Alfa che oggi guardiamo con un po’ di sussiego e irriverenza – è stato il marchio che ha vinto nel 1925 il primo campionato del mondo di automobilismo. E poi, dopo aver conquistato a ripetizione corse mitiche come la 24 Ore di La Mans, la Targa Florio e la Mille Miglia, l’Alfa fu la prima casa automobilistica a vincere nel 1950 il primissimo vero campionato del mondo di Formula Uno. E non si fermò lì: lo rivinse l’anno successivo con Fangio, prima che iniziasse la lunga striscia di successi di Ferrari e Mercedes.

Alfa insomma è stato un marchio precursore nell’automobilismo. Simboleggiava tecnologia all’avanguardia nel campo dell’automobile. Henry Ford invidiava il mito di Alfa Romeo e ne parlava con rispetto. Enzo Ferrari, che con le Alfa aveva cominciato a fare il pilota e poi il team manager, la considerava la “mamma”. Non so se Marchionne conosceva già oppure se gli hanno spiegato questa lunga tradizione nelle corse del marchio Alfa; ma comunque lo ha compreso e gli ha dato valore. Questa è la cosa importante. E per il solo fatto di aver ufficialmente e formalmente riportato nella lista delle squadre iscritte al mondiale F1 il nome “Alfa Romeo” che mancava da 32 anni, Marchionne merita rispetto.

Poi, come si svilupperà questo ritorno, è un altro discorso. Per ora l’accordo Alfa-Sauber è poco più di una sponsorizzazione, è vero. Ma da qualche parte bisognava pur cominciare, no? Mica gli altri hanno iniziato tanto diversamente. Forse che Mercedes, quando nel 1993 è timidamente rientrata in Formula Uno – guarda caso proprio con la Sauber – aveva fatto molto di più? No, ci aveva messo un motore, i soldi, un logo e un suo pilota junior (Wendlinger). Nulla di più. La macchina non era sua ma di Sauber. E quando Renault è rientrata in F.1 nel 2004 non si è forse limitata a comprare la Benetton che a sua volta era l’ex Toleman? E quando la Mercedes nel 2010 è tornata ai GP non ha semplicemente rilevato personale e macchinari della Brawn GP che era l’ex Honda F1, che a sua volta era la BAR F1 e che prima ancora era nata dalle ceneri di Tyrrell e Reynard?

Eppure mentre molti elogiano l’operazione Alfa-Sauber, altrettanti la criticano definendola una pura operazione di marketing. Un adesivo sulla carrozzeria e poco di più. Chi ha davvero ragione? A mio parere la chiave della risposta al quesito sta proprio nell’interpretazione letterale di queste ultime singole parole: ritorno del marchio Alfa in F.1. Di questo si tratta. Marchionne ha riportato il marchio nelle corse nel vero senso della parola. Ora la squadra svizzera si chiama formalmente nell’elenco dei team iscritti al campionato “Alfa Romeo Sauber”. Sarebbe stato meno significativo e più ipocrita marchiare i motori Ferrari come Alfa Romeo invece che dare il nome al team. Particolare non da poco perché quando si acquisisce una squadra F1, l’unico modo per mantenere i diritti economici (cioé incassare i milioni di euro che vengono dai piazzamenti nel mondiale Costruttori degli anni precedenti) è quello di mantenere nel nuovo nome anche il vecchio logo. Quindi bene ha fatto Marchionne a mettere Alfa Romeo davanti a Sauber senza cancellare il nome elvetico. Altrimenti in caso di ipotetico futuro acquisto del team, perderebbe i bonus dei due anni precedenti.

Alcuni critici sostengono che l’accordo Alfa-Sauber non sia diverso dal legame Infiniti-Red Bull di qualche anno fa, quando il brand motoristico giapponese affiancò sulla carrozzeria il logo del costruttore austriaco. Sbagliato: in quel caso Infiniti sì che era un mero sponsor e nulla di più. Le differenze nel caso Alfa Romeo-Sauber sono sostanziali. Prima di tutto Alfa è “title sponsor”, il che nel gergo della F1 significa che può scegliere i colori identificativi della monoposto, mentre Infiniti non aveva questa autonomia. Inoltre Alfa ha il potere di imporre almeno uno dei piloti (e lo ha fatto inserendo Leclerc nel team), mentre a Infiniti non era permesso. In terzo luogo Alfa potrà un giorno, quando lo riterrà opportuno, inserire propri tecnici e proprio personale nella struttura Sauber per affiancare gli svizzeri e far acquisire esperienza a nuovi tecnici di scuola italiana. In quarto luogo Alfa Romeo potrà in futuro personalizzare i motori Ferrari secondo proprie specifiche e marchiarli con il nome del biscione.

Tutto questo dimostra che l’accordo Alfa-Sauber non va banalizzato come qualcuno maliziosamente ipotizza. Al contrario è una base di partenza che può portare a un’integrazione più forte nei prossimi anni per legittimare definitivamente la presenza del nome Alfa Romeo in Formula Uno. Marchionne aveva una sola opportunità per fare le cose più in fretta e in modo più totale: comprarsi direttamente una scuderia. Probabilmente ha anche vagliato in passato questa opportunità, ma quando Sauber e Toro Rosso erano sul mercato e potevano venire acquistate, due anni fa, il momento per Alfa non era ancora propizio.

Per adesso vedremo una Sauber colorata di bianco-rosso, con il biscione Alfa sul cofano e i motori Ferrari sotto il cupolone. Ma visto che l’accordo è su base triennale, magari fra dodici mesi l’integrazione Alfa-Sauber aumenterà. Per Marchionne l’Alfa-Sauber sarà una specie di palestra per allenare non soltanto i giovani piloti della Drivers Academy, ma anche tecnici e ingegneri Ferrari e FCA. Magari tra alcuni mesi vedremo comparire nella fabbrica svizzera ingegneri italiani. Magari un domani il motore Ferrari verrà modificato da motoristi italiani e potrà correttamente prendere il nome Alfa Romeo. Tutto insomma dipende dal volano positivo che il ritorno di Alfa Romeo sui circuiti F1 potrà generare. Se nascerà maggior interesse presso gli spettatori e si tradurrà in un incremento delle vendite di Alfa stradali nel mondo, allora Marchionne riterrà sempre più vantaggiosa l’operazione. E potrebbe così acquisire la proprietà del team che per adesso è ancora nelle mani della finanziaria svedese che fa capo al padrone di Tetrapak, la multinazionale del packaging che è anche lo sponsor-benefattore di Markus Ericsson. Se invece l’Alfa-Sauber dovesse arrancare in fondo alla classifica come ha fatto nel 2018 facendo la figura della cenerentola, Marchionne potrebbe spazientirsi e alla fine del 2020 chiudere l’operazione. Solo il futuro dirà se questo accordo può evolvere in una direzione che faccia diventare l’Alfa-Sauber un vero e proprio terzo team italiano a tutti gli effetti oppure no.

Infine c’è la faccenda della trattativa regolamentare con Liberty Media. Gli americani vogliono semplificare tecnicamente la Formula Uno; standardizzare cioé molti componenti: dal cambio, al motore elettrico, al turbo, a particolari del motore termico. Marchionne, come presidente Ferrari, è contrario perché ritiene che semplificare la tecnologia significhi svilire la Formula Uno. Toglierle appeal e prestigio. E minaccia di ritirare la Ferrari dalla F1 (cosa che gli americani non possono permettersi) se il regolamento prenderà quella direzione dal 2021 in poi. Ovviamente è una minaccia che Marchionne difficilmente attuerà, perché la F1 ha bisogno della Ferrari almeno quanto la Ferrari ha bisogno della F1. Ma per Marchionne poter usare anche la neonata Alfa-Sauber per fare pressione su Liberty Media da due direzioni, minacciandola di lasciare il campionato privo dei due nomi più storici e carichi di fascino e significato, è una arma di trattativa (diciamo pure ricatto…) formidabile. Quindi è probabile che l’impegno di Alfa in F1 si rafforzi nei prossimi due anni perché così la minaccia di un ritiro possa intimorire di più gli americani proprietari della F1.

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