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Il ritorno di Kubica in Formula Uno è come il finale lieto di una bella favola. Se c’è un pilota da ammirare per il suo talento, da rispettare per la sua forza di volontà e da ricordare per la sua incredibile guida questo è Robert Kubica. Secondo Alonso, Kubica era il più forte pilota con cui si fosse mai misurato. L’unico che Fernando davvero temesse in pista e che non era sicuro di poter battere. Robert Kubica è quattro anni più giovane di Fernando, 32 anni contro 36, e per questo i due si sono incontrati soltanto in Formula Uno ormai adulti, e raramente da ragazzi nelle categorie minori. Alonso e Kubica si rispettavano molto e diedero vita a duelli combattuti in F1 ma molto corretti (salvo una volta a Silverstone dove Fernando fu penalizzato per aver tagliato una chicane pur di stargli davanti). Kubica ha ripercorso la stessa carriera di Alonso: tutti e due hanno cominciato con il karting, correndo in Italia per team italiani. Per questo parlano benissimo la nostra lingua. Ma mentre Alonso, una volta passato in automobilismo, è tornato a casa sua in Spagna, Kubica in Italia ci è rimasto a vivere.

Robert Kubica durante i test privati a Valencia con la Renault RS del 2012

Il destino però non ha offerto a loro due lo stesso successo in F1. Alonso ha vinto due titoli mondiali e 32 Gran premi in F1; Kubica appena uno: in Canada nel 2008. L’incidente in un rally minore, ad Andora il 6 febbraio 2011, ha rischiato di togliere per sempre alle corse uno dei più grandi talenti dell’automobilismo degli ultimi vent’anni. Sicuramente il più inespresso. Per quel che ha saputo dimostrare ma che non è riuscito a concretizzare. Uno che alla sua prima corsa in F1 finì settimo, e che alla terza salì sul podio (a Monza) non può non essere un campione. D’altronde, per mettere Kubica in F1 ad appena 21 anni, il capo della BMW, Thiessen, appiedò addirittura un ex campione del mondo come Jacques Villeneuve. Ora Kubica, 6 anni dopo quel drammatico crash che gli aveva quasi mozzato il braccio destro e che gli ha interrotto una carriera che sarebbe decollata chissà dove, sta per tornare in Formula Uno. Il 2 agosto guiderà la Renault RS17, l’attuale monoposto di Hulkenberg e Palmer, nei test di metà stagione all’Hungaroring. E in Renault fanno capire che aspettano solo la conferma sul campo per affidargli la monoposto di Palmer nel 2018. Se non già nelle ultime gare di quest’anno. Magari a Monza. Proprio dove Kubica conquistò nel 2006 il suo primo podio F1.

Kubica nei test all’Hungaroring guiderà la RS17 di Hulkenberg

Alle corse era tornato appena un anno dopo l’incidente, nel 2012, dopo lunghissime cure e complicati interventi chirurgici, iniziando da qualche rally minore per dimostrare a se stesso e al mondo che era ancora in grado di guidare. Già, guidare. Sembra facile a dirsi. Ma Kubica è quasi un miracolato. Un uomo cui il braccio e la mano sono rimasti attaccati per un soffio. La ferita che gli aveva lesionato il braccio destro era di quelle gravi, che lasciano conseguenze perenni. Fu un incidente assurdo e ripensarci oggi: la sua Skoda Fabia S2000 uscì troppo larga da una curva, colpì l’inizio del guard rail che entrò longitudinalmente nell’auto, penetrando nella macchina dal muso fino alla coda, passando proprio fra i due sedili. Il navigatore appena sfiorato dal metallo, non si fece nulla, ma la lama del rail passò proprio all’altezza della mano destra di Kubica quasi troncandola. Ci sono voluti numerosi interventi e quasi un anno di cure per ricucire il braccio e la mano. Kubica però ha perso parte del movimento rotatorio del polso. E la sua mano destra da allora resta in una posizione quasi innaurale, anche a riposo.

Per anni Kubica ha sempre disertato per scelta il mondo della F1. Andava dicendo che sarebbe tornato in un circuito da pilota e non da osservatore o da turista. Ma nei primi anni dopo l’incidente non riusciva a guidare come voleva. Non potendo ruotare il polso, doveva girare il braccio e la spalla per compiere il movimento della sterzata sul volante. E spiegava che con grande sforzo poteva riuscire a guidare, ma gli era necessario un abitacolo largo, non angusto come quello di una monoposto. Per quello ha corso con le auto da rally, anche nel WRC dove ha distrutto più macchine che conquistato punti iridati perché guidava sempre troppo al limite. Poi negli ultimi due anni alla ricerca di una categoria dove correre, ha provato a guidare un po’ di tutto: vetture turismo, le GT3, la Renault RS01, la Mercedes DTM; aveva persino avuto un approccio per correre il WEC e la 24 Ore di Le Mans con un prototipo Lola LMP1 del team Kolles ma senza motore ibrido. Per fortuna non si è accordato per questioni di sponsor perché la squadra si è rivelata un disastro e la Lola-Kolles si è rotta appena mezz’ora dopo il via. La F1 però gli era sempre rimasta preclusa proprio per via del movimento limitato del polso destro nell’abitacolo stretto di una monoposto e per la difficoltà di azionare, con le dita martoriate, quella ventina di comandi al volante – pomelli, bottoni e switch – di cui è dotata una F1 per comandare mappature, ripartitore elettronico della frenata e così via.

Allora cos’è cambiato dagli anni scorsi ad oggi perché Kubica sia potuto tornare al volante di una F1? Inizialmente la Renault 2012 che ha collaudato a Valencia in attesa di guidare la versione 2017? Probabilmente la risposta è in una sua nuova motivazione personale che lo ha spinto ad allenarsi con una volontà e un rigore impressionanti. E forse anche l’apporto fondamentale, sia dal punto di vista umano che pratico, di un nuovo manager che lo ha preso a cuore, che gli ha saputo infondere qualche certezza in più e che gli ha riaperto le porte della F1 che a dispetto di tante belle parole restavano socchiuse. Così tra pochi giorni Kubica coronerà il suo sogno. Tornare al volante di una F1. Dicono già che al simulatore Kubica faccia tempi migliori di Hulkenberg e (ovviamente) Palmer. Ma la guida vera in pista è un’altra cosa. Kubica dovrà dimostrare che non ha perso lo smalto – di quello non dubitiamo – ma soprattutto la reattività fisica necessaria per girare bene e in fretta lo sterzo di una F1. E allora la lieta favola del suo ritorno al volante in un test potrebbe avere un epilogo ancora più bello e poetico. Kubica di nuovo iscritto al mondiale F1 con la Renault che era stata l’ultima sua squadra.

Ma pochi sanno che a fine 2009 Kubica stava per accasarsi proprio in Ferrari! Era stato scelto dopo il rifiuto di Schumacher per sostituire Massa sulla ferito dalla molla in testa all’Hungaroring, sulla F2009 nelle gare finali del campionato. Era anche stata fatta la tuta: rossa con la piccola bandierina polacca in vita. Poi Massa si oppose impuntandosi con Montezemolo, e la Ferrari preferì per rispetto del suo pilota ferito, non turbarlo e puntare su Fisichella. Il sogno di Kubica ferrarista durò così lo spazio di pochi giorni. Peccato, perché se Kubica fosse davvero salito sulla Rossa e le sue gare fossero andate bene avrbebe potuto diventare secondo pilota del Cavallino nel 2010 di fianco ad Alonso. I due amici insieme sulla Rossa. Pensate che coppia formidabile sarebbe stata. Avrebbero fatto squadra come nessun altro. E che squadra! E forse il mondiale F1 di quell’anno, perso da Fernando nell’ultima gara di Abu Dhabi anche per lo scarso apporto di Massa durante la stagione, avrebbe potuto prendere una piega diversa. Ma questa è un’altra storia…

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