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È la fine di un sogno. Anzi: di una bella favola. Robert Kubica probabilmente non tornerà a correre in F1. L’annuncio è atteso a ore. La speranza di rivedere al via dei Gran Premi uno dei piloti più forti e più sfortunati si sta dissolvendo contro un ostacolo chiamato denaro. Quel denaro che Sergey Sirotkin, pilota 22enne russo di buon livello ma poco carisma, è riuscito a raccogliere nell’entourage del suo paese per finanziarsi quel posto in Williams che Kubica sperava di ottenere e al quale fino a due settimane fa sembrava vicinissimo.

Dopo l’illusione Renault, sembrava che Kubica potesse veramente accasarsi in Williams sul sedile che era stato di Felipe Massa. I test ad Abu Dhabi erano stati positivi anche se Kubica qualche difficoltà l’ha incontrata nello sfruttare le mescole supersoffici. Ma la concorrenza di Sirotkin è diventata temibile nelle ultime settimane quando attorno al nome del pilota russo si è coalizzata una cordata capeggiata dal proprietario del gruppo bancario SMP, da sempre suo sponsor, che ha messo sul piatto una valanga di milioni di dollari. Più del doppio degli sponsor che Kubica era riuscito a mettere insieme per garantire un buon ritorno commerciale alla Williams. E questo denaro alla fine farà pendere il piatto della bilancia a favore del pilota russo.

Kubica durante il test con la Williams-Mercedes ad Abu Dhabi lo scorso novembre

Uno dei rivali di Kubica per il posto in Williams nelle settimane scorse era l’ex pilota Toro Rosso, Daniil Kvyat. Poi il suo nome è scomparso dalla lista dei papabili. Ma questo, paradossalmente, invece che rafforzare la posizione di Kubica, l’ha indebolita perché uscito di scena Kvyat, gli interessi russi si sono riversati su Sirotkin ed è stata trovata la convergenza ideale attorno a questo giovane pilota russo.

Il fatto è che un certo entourage politico/economico voleva a tutti costi un pilota russo in F1. Faceva comodo. Da tempo i russi inseguono un forte protagonismo internazionale a tutti i livelli: dalla politica allo sport. L’aver estromesso una settimana fa per doping dalle Olimpiadi invernali la nazionale russa di atleti è stato un colpo d’immagine fortissimo per la nazione di Putin. Nelle corse, dove oltre al talento conta anche il denaro per diventare protagonisti, sarebbe stato più facile recuperare credibilità ed immagine. Per cui un certo mondo imprenditoriale russo si è mosso con decisione per trovare i capitali per finanziare Sirotkin, l’unico dei piloti russi che poteva avere i numeri e le capacità di guida per giocarsi la carta F1. Si dice che anche il capo dello stato Putin abbia appoggiato il tentativo mettendoci una parola decisiva con le imprese russe. Così Sirotkin è riuscito a convogliare una quantità di denaro notevole che spingerà la Williams a scegliere lui piuttosto che Kubica. Nonostante le parole positive spese per Robert dopo i test da Paddy Lowe e dal suo ingegnere di pista e le impressioni favorevoli lasciate dal polacco.

Ma allora perché la Williams preferisce i soldi di Sirotkin al talento, al cuore e al coraggio di Kubica? Ne potremmo parlare all’infinito. E ci sono tante spiegazioni che s’intersecano. La prima spiegazione è che la Williams era ben conscia di avere costruito nel 2017 una macchina piuttosto scadente. Con il grande potenziale del motore Mercedes è riuscita realizzare una monoposto nettamente inferiore alla Force India, che si è difesa a fatica da Renault, Toro Rosso e McLaren e soltanto grazie all’ecatombe dei motori francesi e di quelli giapponesi. Perciò il team ha evidentemente preferito puntare sulla maggior quantità possibile di soldi da investire nello sviluppo tecnico della propria monoposto nella speranza che un macchina più competitiva nel 2018 possa aiutarli ad ottenere risultati anche senza un pilota di prestigio, esperienza e notorietà. La decisione presa insomma è stata quella tipica di un certa mentalità del motorsport anglosassone: mettere i soldi sullo sviluppo della macchina e non nei piloti.

Si è anche pensato che abbia influito il ruolo di Stroll, primo pilota del team con un ruolo importante nella proprietà della squadra, che poteva vedere in Kubica una personalità così forte da potergli fare ombra. Sicuramente un compagno più scomodo e ingombrante di Sirotkin, debuttante assoluto. Ma in realtà Stroll avrebbe molto da guadagnare dalla vicinanza di un pilota esperto come Kubica come è successo anche con Massa. E assieme al polacco avrebbe potuto dividersi il lavoro di messa a punto che ora ricadra quasi esclusivamente sulle sue spalle essendo Sirotkin un debuttante. Inoltre Stroll da un confronto con Kubica ha molto da guadagnare pecche se risultasse veloce come e più di lui – l’esperienza per essere più veloce e costante nel 2018 ora che conosce le piste c’è l’ha –  la sua immagine uscirebbe prepotentemente rafforzata.

Un giovanissimo Kubica nell’abitacolo della BMW Sauber F1 nel 2006

Poi ci sono tutte le incognite legate al rendimento di Kubica. È la tesi preferita dei detrattori del pilota polacco. Da sette anni Robert non guida in corsa una F1 e per quanto il team abbia potuto provarlo nei test simulando ogni condizione, manca la controprova del comportamento in gara, sotto pressione e quando c’è da affrontare sorpassi e combattere ruota a ruota, non girare da soli a pista vuota. Ma chi sostiene questa tesi ha la memoria corta e non si ricorda forse di quanto fosse forte Kubica in F1 alcuni anni fa. Prima del disgraziato incidente nei rally del 2011 nel quale ha rischiato l’amputazione, Kubica era un talento assoluto. Non una semplice promessa, ma il migliore pilota della sua generazione, con Hamilton e Vettel. Portato in palmo di mano da Alonso che non è prodigo di elogi verso i colleghi. Un pilota al quale si stavano schiudendo le porte della Ferrari dopo l’incidente di Massa in Ungheria (nel 2009) e che fu lasciato fuori da Maranello quando era già stata fatta la tuta rossa per farlo debuttare al GP di Monza 2009, soltanto perché Felipe dal letto d’ospedale puntò i piedi con orgoglio e pose il veto e Luca di Montezemolo si fece convincere.

Kubica soccorso ad Andora (Liguria) dopo l’incidente nel rally nel febbraio 2011

D’accordo che Robert da allora ha perso parzialmente la mobilità del braccio destro, d’accordo che non guidava da anni un F1 ma la velocità, la combattività e il talento e l’istinto del corridore sono doti innate in un pilota. Ci sono o non ci sono. E basta ristabilire gli automatismi perché tornino fuori, com’è successo a Kubica nei test di Abu Dhabi. Sono anche fortemente legate alla motivazione, alla carica, all’orgoglio, indipendente dall’età o dagli acciacchi fisici. Basta guardare Alonso.

Diciamo anche per onore di verità che Sirotkin non demerita del tutto il posto in F1. Ha un buon passato nelle corse; ha esordito a 15 anni in Formula Abarth, è passati attraverso tutte le categorie propedeutiche (dalla Formula Renault alla F3 alla GP2) vincendo diverse gare. Però non ha mai lasciato l’impressione prepotente del talento indiscusso in fase di esplosione. Altrimenti qualcuno lo avrebbe preso in squadra prima di oggi. Ha vinto qualche corsa qua e là, ma non ha mai conquistato i campionati salvo da giovanissimo in Formula Abarth. Pur avendo guidato spesso auto dei team migliori, come la GP2 della Art Grand Prix, la squadra n.1 nella seconda formula.

Kubica in occasione del primo test F1 2017, con la Renault F1. L’accordo sfumò per l’arrivo di Sainz

Nei test svolti con la Williams ad Abu Dhabi a fine novembre – insieme a Kubica – Sirotkin si è dimostrato piuttosto veloce ma non travolgente; alla fine è risultato più lento di Kubica sul giro veloce di 6 decimi, con l’attenuante di una mescola meno soffice (supersoft lui contro hypersoft di Kubica). Ma Sirotkin girava in assetto praticamente da qualifica senza benzina a bordo; Kubica invece era gravato di parecchi chili di carburante per cui i chili in più annullavano il vantaggio di mescola e i tempi sul giro dei due vanno paragonati e “aggiustati” in questa chiave. Inoltre Sirotkin girava unicamente per cercare il tempo veloce, Kubica percorreva chilometri per fare sviluppo per la monoposto 2018.

Kubica con Rosberg: corrono in F1 dal 2007 e Nico ha cercato a lungo di appoggiare il rientro di Robert in F1 spendendo belle parole per lui

Insomma, Sirotkin non pare certo il nuovo Verstappen. Quindi la scommessa della Williams non va letta in questa chiave. Non si può nemmeno lontanamente paragonare il talento di Kubica con quello del russo che ancora deve dimostrare tanto e che in F1 è un’incognita completa. La Williams, scegliendo lui, punta esclusivamente sui soldi prendendosi il rischio di ritrovarsi tra qualche anno un pilota che può rivelarsi nel tempo esperto e veloce, oppure rivelarsi una delusione come Kvyat. Caricato di tante attese e poi sgonfiatosi quando è stato messo sotto pressione. Kubica invece è fatto di un’altra pasta: ha superato nella vita traumi ben più forti e certo non avrebbe risentito della pressione attorno a lui. Al contrario, avrebbe messo sotto pressione la squadra verso traguardi tecnici più ambiziosi. Avrà anche perso parte della funzionalità del braccio destro, ma l’abnegazione con cui si era preparato al rientro in F1 e i buoni tempi spiccati nei test dimostravano che avrebbe saputo dire la sua nel mondiale 2018. E di sicuro la sua esperienza sarebbe stata utile allo sviluppo della monoposto. Sicuramente più di un pilota debuttante come Sirotkin

Sorprende alla resa dei conti questa decisione Williams di creare un team giovanissimo (41 anni in due) e con pochissima esperienza (Sirotkin è esordiente, Stroll ha sulle spalle appena 20 soli GP). Cozza contro la tradizione del team inglese che ha sempre voluto puntare su piloti di nome e soprattutto di esperienza. Fin dai tempi della coppia Mansell-Patrese, 76 anni in due quando dominarono la stagione F1 1992. Ma anche in epoche più recenti, basti pensare alle scelte di Hill, Webber, Wurz, Barrichello, Massa che di volta in volta con la loro esperienza affiancavano il giovane del momento; che fosse Villeneuve, Rosberg Maldonado oppure Bottas.

Dispiace che ancora una volta i soldi in F1 finiscano per pesare più del talento e della personalità. E che la scelta di Sirotkin rappresenti la fine della bella favola di Kubica. Che si era risollevato dalla disgrazie del 2011 e aveva dimostrato al mondo che con sacrificio e abnegazione si può battere la cattiva sorte e che tutti i traguardi possono diventare possibili se si è capaci di stringere i denti. Kubica rappresentava la bella favola che dimostra che anche chi cade può risorgere. Come ha detto intelligentemente un lettore in un tweet, il rientro di Robert in F1 sarebbe stato un bell’esempio per ciascuno di noi. Un invito a credere in se stessi e a non mollare mai. Come ci ha insegnato anche Zanardi. E senza nulla togliere a Sirotkin, un Kubica al volante della Williams-Mercedes nel 2018 sarebbe stata anche una bella pubblicità per la Formula Uno che è disperatamente in cerca di belle storie per emozionare i tifosi sempre un po’ freddini verso una categoria troppo appiattita dal punto di vista umano. Sono convinto che stavolta gli americani di Liberty Media che gestiscono il campionato abbiano “toppato” clamorosamente dal punto di vista mediatico non influendo nella scelta: ci fosse stato ancora Ecclestone, spregiudicato quanto volete dal punto di vista commerciale ma sempre attento al valore della “sua” F1, avrebbe riportato eccome Kubica in F1 per impreziosire l’immagine della categoria.

POST SCRIPTUM Leggo su Twitter che Luca Baldisserri, ingenere di pista di Stroll e suo tutor contraddice le mie affermazioni su un possibile veto del pilota canadese a Kubica. Ne prendo atto, sono felice che Stroll non abbia messo bocca sulla scelta dei piloti né abbia espresso preferenze tra Kubica e Sirotkiin; ringrazio Luca per la precisazione e ho corretto quel passaggio dell’articolo. Dico solo che poteva dirmelo direttamente (il mio numero ce l’ha) senza farmi arrivare per altre vie l’informazione.

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