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Segnatevi queste parole: “guida arrogante”. È il fenomeno che sta dilagando in F1. Ora vi spiego perché è un fenomeno di una certa gravità. Prendiamo il caso Ocon-Verstappen. Mi è capitato di leggere nel mondo del web alcuni giudizi veramente incredibili che attribuiscono una parte di responsabilità per l’incidente nello scontro anche all’olandese. Quasi ci fosse un concorso di colpa. C’è chi ha accusato Verstappen di aver chiuso la strada, di essere stato troppo precipitoso e così via. Ma stiamo scherzando? Non ci sarebbe nemmeno da discuterne. Chi frequenta i circuiti e sa di corse, non può avere dubbi: l’incidente è responsabilità al 100% di Ocon. Il regolamento sportivo in F1 parla chiaro: Il pilota in testa alla corsa ha tutti i diritti del mondo quando è alla prese con un doppiato, che sia più lento o più veloce di lui. Verstappen perciò aveva il diritto che gli avversari davanti a lui si facessero da parte al suo arrivo. E chi invece era più veloce di lui, come in quel momento Ocon, non doveva creargli una situazione di pericolo potenziale.

Non lo sostengo io, ma sono le regole sportive della F1 e dell’automobilismo in generale a dirlo. Le norme spiegano chiaramente che il doppiato non può e non deve ostacolare chi lo sta doppiando. Le bandiere blu sono state create apposta per questo motivo: per avvisare un corridore che un pilota più veloce sta sopraggiungendo. Così non ci sono alibi del tipo: “Mah, non l’avevo visto, non sapevo…”. Chi riceve la bandiera blu e sta per essere doppiato deve farsi da parte. E anche in fretta. Deve rallentare il proprio passo e agevolare il doppiaggio. L’abbiamo visto fare mille volte nei GP. Non ci sono interpretazioni. È così. Punto.

foto Sutton Images

Poi, per carità, è vero che Ocon aveva il diritto di sdoppiarsi perché la F1 non è una gara a eliminazione dove chi è doppiato finisce fuori corsa per sempre. Il doppiato, se è in rimonta e ha un buon passo, può anche provare a superare il leader. Basta che rispetti le regole. Sdoppiarsi è strategicamente importantissimo nel corso di un GP perché una safety car può azzerare i distacchi e rimetterti in corsa per le posizioni di testa. A patto che tu sia nel giro “buono” del leader. Ecco perché in gara tutti cercano di sdoppiarsi se capitano le condizioni giuste. Ma il doppiato – Ocon nella fattispecie – deve fare due volte attenzione nello sdoppiarsi perché questa particolare manovra di sorpasso non segue le normali regole di ingaggio della corsa. Il doppiato non può impunemente mettere il muso dentro l’avversario in staccata come se nulla fosse e costringere il leader della gara ad allargare la traiettoria oppure a rallentare. Perché violerebbe la norma principale che dice che il doppiato deve agevolare il leader della corsa e non ostacolarlo. Quindi sdoppiarsi è permesso, ma con buon senso e molta ma molta più attenzione di un normale sorpasso.

Il problema a Interlagos era che Ocon in quel momento – giro 44 – era più veloce di Verstappen perché aveva appena montato gomme fresche supersoft che garantiscono un grip incredibile. Gli permettevano di accelerare meglio fuori dalle curve e di frenare più sotto in staccata perché gli pneumatici nuovi “mordono” meglio l’asfalto.

Allora cosa restava da fare ad Ocon se, essendo più veloce, non poteva attaccare in frenata Verstappen? Beh, poteva ad esempio superarlo con l’effetto-scia e il Drs nel rettifilo successivo fra la curva 3 e la curva 4. Ocon avrebbe dovuto tenere a freno la sua aggressività restando dietro a Verstappen nella “esse Senna”, curare bene l’uscita dalla curva 3 accelerando meglio della Red Bull grazie al grip superiore delle sue gomme e passare sul rettifilo successivo in modo indolore e senza danni. Ricciardo, che è un pilota veloce e aggressivo, ma intelligente e corretto, avrebbe fatto così.

foto Sutton Images

Perciò chi pensa che Verstappen abbia una parte di responsabilità e lo accusa di aver chiuso Ocon nella controcurva a destra della “esse Senna”, dice una solenne scemenza. Semplicemente Ocon non doveva trovarsi lì. Non doveva mettersi nella condizione di creare pericolo. È arrivato più velocemente della Red Bull alla staccata? Bene, allora avrebbe dovuto desistere dal tentativo. Spostarsi e non essere d’impiccio. Frenare più intensamente e lasciare sfilare Verstappen. Invece gli è andato addosso e poi nelle dichiarazioni del dopogara ha pure preteso di essere dalla parte della ragione.

Ma allora perché sono in tanti a non condannare del tutto Ocon se è così palese la sua responsabilità totale dell’incidente? Perché in questo caso riveste un certo peso l’immagine del pilota. La fama, il prestigio, la simpatia oppure l’antipatia che si è costruito negli anni il corridore. Ocon è un ragazzo simpatico, sorridente, educato. Verstappen l’antipatico per antonomasia. Che tante volte ha compiuto manovre al limite simili a quelle di Ocon, rovinando la gara sua o di avversari incolpevoli. Per cui al tifoso viene naturale associare il carattere umano al comportamento in pista. E giustificarlo. Quello è antipatico: quindi non può avere completamente ragione. Quell’altro è così disponibile: vuoi vedere che sotto sotto non è tutta colpa sua? E così l’ago del giudizio si sposta piano piano da una parte o dall’altra.

Invece, se si esaminassero freddamente i fatti di Interlagos, regole alla mano e mettendo da parte le ragioni del cuore, si arriverebbe a una sola conclusione: Ocon è un ragazzo simpatico e sorridente, ma in questo caso ha fatto una cazzata gigante, perciò ha torto marcio. Verstappen è un antipatico arrogantello e musone, ma stavolta ha ragione da vendere.

foto Sutton Images

A questo punto torniamo al discorso fatto all’inizio. Che fine ha fatto la F1 eroica dove i piloti combattevano tra loro usando un certo rispetto? Ora invece sta prendendo piede il concetto di “guida arrogante”. La prepotenza al volante. Quella di chi non rispetta l’avversario. E soprattutto poi non si scusa dopo aver commesso una scorrettezza sentendosi impunito. E non è un difetto che colpisce soltanto i più giovani, gli esuberanti, gli inesperti. Ma a volte anche i grandi campioni. Ci è cascato pure Hamilton che al sabato in qualifica ha compiuto una manovra pericolosissima ai danni del povero Sirotkin. Vero è che Lewis non l’aveva fatto apposta perché il suo intento era agevolare il russo e non creare un incidente. Ma la sua manovra stava per provocare una collisione bruttissima. Gilles Villeneuve nel 1982 morì proprio in quel modo a Zolder: perché Jochen Mass si era spostato, pensando di favorirlo, proprio nella traiettoria in cui il ferrarista lo sta superando. Quel che suona proprio stonato della vicenda di Interlagos è che Hamilton, usando tutto il suo prestigio di cinque volte campione del mondo contro un rookie come Sirotkin, abbia cercato di screditarlo rivoltando la frittata a fine prove sostenendo che la manovra del russo era stata “irrispettosa” (è il termine esatto usato da Lewis) perché compiuta nel momento sbagliato. Cioè nel giro di lancio, quando tutti vanno piano e si cerca di mettere spazio fra una macchina e l’altra per non ostacolarsi.

Falso due volte. Primo perché tante volte abbiamo visto piloti nel giro di lancio cercare di superare la macchina davanti a loro per non essere infastiditi nel giro veloce. E poi perché Hamilton, proprio lui il pentacampione secondo solo a Schumacher nelle classifiche di tutti i tempi, dovrebbe ricordare che la prima cosa che si insegna ai piloti fin dalle categorie minori è di non cambiare direzione all’improvviso per agevolare chi ti sta superando, proprio perché invece di aiutare rischieresti di creare pericolo. Bisogna restare sulla propria linea e lasciare a chi è dietro il compito di scegliere la traiettoria di sorpasso migliore. Hamilton ha compiuto un’ingenuità incredibile per un pilota del suo livello. Ma quel che è peggio è che ha accusato di mancanza di rispetto Sirotkin. Ha usato il suo prestigio per screditare un novellino che invece, poveretto, non aveva nessuna colpa.

foto Sutton Images

Hamilton, proprio come Ocon, non ha avuto il buongusto di scusarsi ma ha invece irriso l’avversario. È questo l’esempio perfetto di “guida arrogante”. Questo atteggiamento di Hamilton – non la manovra, ma il disconoscere di essere in torto – andava punito da parte della Fia esattamente come è stato punito Ocon per la sua condotta. Lasciarle impunite certe manovre, invece, induce poi gli altri piloti a comportarsi con la stessa tracotanza pensando che tutto sia permesso. È così che cresce e dilaga il fenomeno della “guida arrogante”. Di chi se ne frega della presenza degli altri in pista. Noi non lo vediamo, ma nelle retrovie dei GP questo comportamento spregiudicato avviene spesso. Pensate a Magnussen e a quanto non lo sopporti nessuno…

C’è voluto del tempo a mettere una pezza a certe esagerazioni di Verstappen, ora vogliamo ricreare il problema con altri? Ci vorrebbe una nuova regola che punisca severamente, prima che sia troppo tardi, la “guida arrogante”. Quella di chi non rispetta l’avversario.

foto Sutton Images

Per fortuna che oltre ai piloti dalla guida arrogante, c’è anche l’esempio opposto. Quello di Daniel Ricciardo. L’australiano, con i suoi arditi sorpassi al limite ma tutti entro le righe della correttezza, dovrebbe diventare l’esempio perfetto di come deve guidare un pilota di F.1 per restare sul confine che separa la guida spettacolare dalla guida arrogante. I sorpassi che ha effettuato su Bottas e su Vettel – specie quello all’esterno della esse Senna – per i veri amanti della F.1 sono un capolavoro. Godiamocelo finché ha una macchina competitiva.

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