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La Ferrari che arrivava a Spa col timore di prendere una bella batosta dalla Mercedes esce dal circuito belga molto più rinfrancata. Non ha vinto, ma ha convinto. Come dice Vettel: “Non c’è più alcun circuito da temere da qui sino alla fine del mondiale”.

Anzi, forse se il tedesco fosse partito in testa alla corsa, avrebbe dominato il Gran Premio perché nel suo passo-gara era potenzialmente superiore anche allo stesso Hamilton. Per tutti i 44 giri di corsa è sempre rimasto in scia alla Mercedes. Un distacco quella fra Hamilton e Vettel che non ha mai raggiunto i 2 secondi, se non nell’ultimo giro quando Seb ha capito che era finita e s’è arreso. Purtroppo per lui il distacco, oltre a non salire mai, non è mai nemmeno sceso sotto il secondo tondo tondo così Vettel non ha mai potuto sfruttare il DRS per tentare un sorpasso con la scia.

Spa 2017 però resterà nella memoria per il giro record in prova di Hamilton che ha battuto (di ben 2 secondi) un record sul giro che resisteva da ben 8 anni, quello di Trulli (Toyota) in qualifica di 1’44″5  stabilito nel 2009, portandolo a 1’42″553. Hamilton ha eguagliato le 68 pole position di Schumacher, solo che lui ha impiegato 200 Gran premi per realizzarle mentre a Schumacher ne servirono 242 di GP per riuscirci. Adesso Hamilton, che sta facendo incetta di primati, ha davanti un nuovo record: il numero di pole position in una sola stagione. Vettel sei anni fa, nell’epoca d’oro della Red Bull pigliatutto, ne conquistò ben 15 in un solo campionato (era il 2011). Hamilton può ancora eguagliarlo se stabilisse la pole in tutte e 8 le prossime corse. Impresa quasi impossibile e speriamo non succeda per il bene del campionato. Perché nella F1 di oggi chi parte in pole ha quasi la certezza di aver vinto la gara.

Rimangono però alcuni dubbi da spiegare sulla corsa. Il primo dubbio è: perché Hamilton, nella fase decisiva di corsa, ovvero durante la safety car fra il 30° e il 33° giro, ha montato le meno performanti gomme soft gialle invece delle ultrasoft viola come Vettel per la fase finale della gara?
La risposta è che la Mercedes non aveva più gomme ultrasoft nuove, ma soltanto quelle usate delle qualifiche con tre giri sulle spalle. Siccome la Mercedes W08 è poco “gentile” sulle gomme, meno della Ferrari, gli ingegneri del team anglo-tedesco hanno calcolato che 14 giri, anche se a serbatoi semivuoti, sarebbero stati troppi per Hamilton che rischiava di trovarsi con le viola sulle tele proprio nei giri finali in cui avrebbe dovuto difendersi da Vettel. Nel primo stint di gara Hamilton aveva percorso appena 85 km con le viola (12 giri), anche se col pieno, e il rischio di lasciare il loro pilota indifeso nei chilometri finali era forse troppo alto. Così hanno scelto le gomme gialle che sono da sempre il compromesso migliore per la lunga monoposto tedesca, quelle con cui la W08 rende al meglio alla distanza.

Dubbio numero 2: perché Raikkonen si è “spento” in gara proprio sulla pista dove fino alle qualifiche finali era stato più veloce di Vettel ed unico a impensierire Hamilton? Mistero. Un po forse c’entrano quelle misteriose vibrazioni al retrotreno di cui si è lamentato sia in prova che a inizio corsa, e su cui bisognerà indagare smontando la SF70H del finlandese. Di certo Kimi si è giocato la gara in qualifica, nella Q3 decisiva, quando ha sbagliato l’uscita alla curva Bruxelles finendo nell’erba sintetica e abortendo il suo secondo tentativo. Una volta precipitato dalla prima fila virtuale alla seconda, era scontato che in corsa salvo una partenza miracolosa (che non c’è stata) non avrebbe potuto superare né la Mercedes di Bottas, troppo veloce sul rettifilo per lui, né il suo caposquadra.

La penalità per non aver rispettato la bandiera gialla per Verstappen ha fatto il resto. A proposito: è giusta? Sacrosanta, perché Kimi è stato l’unico in quel giro a migliorarsi di un decimo rispetto al passaggio precedente mentre tutti i suoi avversari hanno peggiorato il crono di 4 o 5 decimi. La Fia ha analizzato i tempi sul giro e ha stabilito la punizione.

Punizione che andrebbe data anche al messicano Sergio Perez, reo di aver chiuso due volte duramente contro il muro della discesa di Eau Rouge il suo compagno Ocon. Rischiando per due volte di innescare un incidente drammatico. Che poteva coinvolgere non solo i piloti: il pezzo di ala anteriore staccatosi nell’urto dal muso della Force India è volato cinque o sei metri in alto, finendo contro le reti. Ancora mezzo metro più su e sarebbe finito nella tribuna del rettifilo rischiando di colpire gli spettatori.

Una Fia che punisce per contatti molto più blandi e innocui e penalizza Raikkonen in fondo per non aver rallentato con una monoposto già in sicurezza al di là delle barriere, dovrebbe severamente punire la condotta di gara di Perez che quando si accorge che dietro o di fianco c’è il compagno vede rosso anzi… rosa (il colore della Force India di Ocon) e non capisce più niente e compie manovre disperate e pericolose.

Ocon non gliel’ha mandata a dire e ha addirittura scritto un tweet al vetriolo: “Il mio compagno ha cercato di ucciderni due volte in pista!”.

Dubbio numero 3: ora che Vettel e Raikkonen soono stati riconfermati in Ferrari, che Ricciardo e Verstappen lo sono in Red Bull, ora che anche l’accordo di Bottas con Mercedes sta per essere rinnovato, dove andrà a finire Alonso che non ne può più della McLaren-Honda? Lui dice di non essersi mai sentito un pilota di così grande valore come adesso. È vero perché nei pochi giri che ha mostrato il suo talento a Spa, in prova e in gara prima che la poca potenza del motore Honda lo facesse retrocedere, era salito addirittura al 7° posto dietro i tre top team. Purtroppo ora i sedili delle squadre di primo piano sono tutte occupate almeno fino al 2018. Ed è difficile che Fernando trovi una squadra di secondo piano – e da centro classifica – che lo soddisfi e che sia pronta anche a pagargli i soldi che gli dava Honda (30 milioni l’anno). Ma anche se fosse disposto ad accettare uno stipendio diciamo dimezzato, non c’è comunque un team che potrebbe dargli l’auto vincente che vuole. Si è parlato di un contatto con Williams, ma perché una squadra di proprietà di Stroll senior dovrebbe coprire di soldi Alonso per oscurare il figlio del proprietario e ridimensionarne le prestazioni? L’unica chance di Fernando potrebbe essere di accasarsi in Renault, che è sempre più la quinta forza del mondiale. Ma presso i francesi c’è la fila di piloti che si sono offerti (da Sainz, a Gasly, al ritorno di Kubica) tra l’altro a costi molto più bassi di Alonso. È molto probabile perciò che nel 2018 non vedremo più in F1 lo spagnolo che forse ripiegherà più intensamente sulla sfida della 500 Miglia di Indianapolis.

Dubbio numero 4: Ma in F1 si sorpassa ancora oppure no? Anche se Ricciardo e Raikkonen hanno compiuto il tri-sorpasso, quello ai danni di Bottas con la doppia scia sul Kemmel che ha fatto rivivere quello a tre del 2000 fra Schumacher, Hakkinen e Zonta, è accertato che a pari macchina senza undercut o gomme ampiamente differenti, non ci si scavalca più. Il duello Hamilton-Vettel ne è la dimostrazione. Sempre attaccati e vicinissimi; però mai un vero attacco. Un vero tentativo di scavalcamento.

Il motivo fondamentalmente è uno: le nuove monoposto entrano più veloci in curva ma nello stesso tempo, causa le gomme più larghe, hanno velocità di punta inferiori e più grip sulle gomme. Perciò gli spazi di frenata si sono fatti più ridotti. Quindi c’è meno margine per “rubare” qualche metro in staccata all’avversario.

Dubbio numero 5: dove arriveremo con queste velocità in curva? Queste F1 si sono dimostrate le più veloci di sempre. Una volta Spa era considerata l’Università del motorsport. Negli Anni ’90 i grandi esperti andavano a vedere le F1 da dietro all’Eau Rouge per vedere a occhio e “a orecchio” chi le faceva in pieno e chi invece sfiammava dagli scarichi (per il ritorno dei gas di scarico), prova indiscutibile che il pilota aveva anche se lievemente alzato il piede dal gas. Poi negli ultimi anni molti avevano cominciato a percorrerla in pieno in qualifica, ma non tutti.

Adesso invece Eau Rouge-Radillon è diventata una curva “facile”, nel senso che tutti la fanno agevolmente in pieno perché  fra gomme più larghe e ali più grandi è aumentata spaventosamente l’aderenza in curva delle monoposto. Cosi il nuovo banco di sfida del “coraggio” a Spa è diventata la curva di Puhon, una velocissima doppia curva cieca a sinistra in fondo alla discesa dietro il Kemmel. Dove le auto GT3, tanto per fare un esempio, frenano e scalano almeno una marcia. Quest’anno invece Hamilton in qualifica è riuscito a farla in pieno, in ottava marcia a quasi 10.500 giri. Che vuol dire percorrerla quasi a 300 all’ora. Se vi capita di fare un giorno un salto a Spa andate a vederla. Io ho avuto la fortuna di guidare auto da corsa su quel circuito e pensare di affrontare una curva come Puhon in pieno è semplicemente inimmaginabile. Che palle deve avere Hamilton per farlo?

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