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Questa bellissima foto di Norio Koike, fotografo giapponese di F1 e ritrattista personale di Ayrton Senna, è l’omaggio che ho scelto per ricordare 23 anni fa la morte di Ayrton. Un’immagine intensa, come intensa e raramente sorridente era sempre l’espressione del volto di Senna. Perennemente schiacciato fra la tensione e la concentrazione.

Ma quel primo maggio 1994 Senna, in tutte le immagini dell’epoca che possiamo ritrovare, era sempre ritratto pensieroso e triste per via del dramma vissuto poche ore a causa della morte di Roland Ratzenberger, deceduto in un incidente alla curva Villenueve nelle qualifiche di quello stesso GP San Marino. Sappiamo che Senna era rimasto talmente scosso da quella tragedia da aver collocato nell’abitacolo della sua Williams la bandiera austriaca da sventolare nel giro d’onore in omaggio di Rantzenberger qualora avesse vinto il GP.

Purtroppo Ayrton non sventolò mai quella bandiera. Erano le 14.17 del 1 maggio di 23 anni fa, il 1994. Quando la Williams-Renault di Ayrton Senna si schiantò alla curva del Tamburello di Imola uccidendo quello che tanti considerano il miglior pilota F1 di tutti i tempi. Di quell’incidente, nel corso di tanti anni, abbiamo saputo tutto. Dal piantone dello sterzo che si è rotto, all’impatto devastante, calcolato dalla telemetria di bordo a 211 km orari contro il muro, fino alla incredibile e drammatica causa della morte di Ayrton.

Fu il braccetto della sospensione anteriore destra che, spezzandosi, si ripiegò su se stesso colpendo il casco a provocare la ferita mortale. Un’incredibile e irripetibile dinamica: l’impatto ha divelto l’anello dell’uniball di fissaggio slabbrandolo e trasformando il braccetto in una specie di lancia con una punta metallica acuminata; questa è penetrata nel casco ferendo mortalmente Senna. Fosse passato un paio di centimetri più in alto, la curvatura della calotta avrebbe deviato il braccetto dall’obiettivo. Sfiga ha voluto che il braccetto, trasformato in lama, sia entrato poco più sotto, dove c’era la visiera e la guarnizione di gomma che non hanno opposto resistenza. La lama ha penetrato la testa di Ayrton all’altezza della tempia provocando le mortali lesioni al cervello che l’hanno ucciso praticamente sul colpo.

Con i caschi di oggi, che dopo l’incidente di Massa del 2009 sono obbligatoriamente dotati di una striscia protettiva in carbonio più rigido proprio fra calotta e visiera, non sarebbe finita così. Purtroppo le corse sono piene di episodi in cui il senno di poi e le tecnologie più moderne avrebbero fatto cambiare la storia.

Di quell’incidente e dei drammatici istanti trasmessi in diretta TV ci ricorderemo sempre l’immagine di quell’ultimo sussulto di Senna ferito nella monoposto ferma e distrutta in pista. Quel sussulto che molti hanno scambiato per un segno positivo, l’impressione che Senna stesse riscuotendosi dopo la violenta botta, e che invece Sid Watkins, il medico della Fia responsabile del soccorso medico, definì più tardi come “il momento in cui lo spirito di Ayrton ha lasciato il suo corpo terreno”.

1 COMMENTO

  1. Ciao Alberto,

    bello il tuo ricordo. Io ero lì per il Corriere dello Sport. Era il 1° maggio ma l’allora Direttore Italo Cucci fece uscire egualmente il giornale.

    Ricordi Alberto quel giorno a Montecarlo quando lo andammo a vedere guidare alla curva delle Piscine. Il miglior pilota al mondo, esattamente come hai scritto tu.

    Io qualche giorno dopo l’incidente scrissi questo ricordo: https://www.facebook.com/notes/paolo-scalera/e-il-migliore-vol%C3%B2-via/105424288168/

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