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Penalità sì o penalità no? Come decidere qual è il sottile confine tra una sanzione e nessun provvedimento? Proviamo a ragionarci insieme prendendo spunto degli ultimi due casi eclatanti in F1: quello di Vettel-Hamilton e quello di Verstappen-Leclerc. I buonisti s’incazzeranno ma ci tengo a dire che dal mio punto di vista entrambe le manovre dovrebbero essere considerate lecite. Soprattutto quella di Verstappen su Leclerc alla curva 3 al 69° giro del GP Austria. È stato un sorpasso duro ma corretto. Non si discute. È inutile fare polemiche e invocare scorrettezze oppure complotti che in questo caso non ci sono. Spiace dirlo per la Ferrari, che ne esce sempre svantaggiata, e per Charles che una vittoria in F1 quest’anno se la meriterebbe di diritto, ma stavolta non ci piove. Ma vale lo stesso discorso per il povero Vettel penalizzato in Canada.

La mia linea di pensiero è: lasciate i piloti liberi di correre. Basta con questa ossessione del controllo assoluto da parte di steward, commissari e giudici che vogliono ergersi loro a protagonisti del risultato invece dei piloti. Basta con queste classifiche che vengono congelate dopo la corsa e ufficializzate ore dopo. Basta con questa abitudine presa pari pari dal calcio di voler analizzare e rivedere alla moviola spezzoni di guida con la presunzione di valutare al ralenty gesti che i piloti compiono d’istinto in frazioni di secondo. E basta anche con questa abitudine di voler giudicare la posizione al millimetro dell’ala anteriore di una monoposto rispetto alla ruota posteriore del rivale per determinare chi dei due è davanti e ha diritto di traiettoria. Torniamo alla vecchia usanza: finché l’avversario non ti affianca del tutto, puoi chiuderlo. Oltre no. Tanto a quel punto bastano le leggi fisiche: se chiudi quando lui è già dentro, ci rimetti tu per primo.

La linea-guida futura dovrebbe essere: i sorpassi o le difese di traiettoria non si devono calcolare al microscopio: si fanno e basta. Ero contro la penalità a Vettel a Montreal, a maggior ragione sono d’accordo con la decisione aria di non sanzionare Verstappen. Per il semplice motivo che il fatto (cioè la scorrettezza) non sussiste. In entrambi i casi.

Perciò se dovessi immaginare un nuovo regolamento che codifichi le regole d’ingaggio nelle corse, l’ideale linea di demarcazione e di giudizio dovrebbe essere una sola: c’è stata scorrettezza volontaria oppure no? Se sì, deve scattare la penalizzazione. Anche severa. Se invece si tratta di naturale agonismo, allora si lasci correre.

Però dobbiamo chiarirci bene: che vuol dire scorrettezza? Dal mio punto di vista significa buttare deliberatamente fuori strada l’avversario. Puntarlo in frenata con cattiveria e farlo entrare in testacoda, per esempio. Oppure effettuare una staccata oltre ogni limite fisico immaginabile, come arrivare a ruote bloccate all’interno di un’altra macchina e appoggiarsi a quella per voltare. Quella è la scorrettezza deliberata e volontaria che va punita.

Il “naturale agonismo” invece per me significa qualche ostruzione ma nei limiti del lecito; ad esempio chiudere la traiettoria per intimidire l’attaccante, affiancarsi, magari può scapparci anche il contatto e la ruotata. Ma “alla pari”, cioè fianco a fianco. Del tipo: vediamo chi ha più le palle fra di noi per resistere in questa posizione. L’importante è che la manovra sia il risultato di un agonismo esasperato e non una evidente azione compiuta con cattiveria. Entro quei confini dovrebbe essere considerata una manovra lecita. Si dovrebbero bollare tutte queste situazioni di esasperato agonismo, testa a testa, ruota a ruota con la definizione che usano gli inglesi: “race incident”.

Qui va fatta una precisazione a uso e consumo di chi non padroneggia bene l’inglese e non mastica di motorsport: non fraintendete la somiglianza della parola con quella italiana perché il significato è ben diverso! Altrimenti si commette un errore linguistico fondamentale. In inglese il termine “incident” vuol dire “vicenda”, “episodio”, non “incidente”. Quello si dice “accident”. Quindi “Race incident” significa “episodio di gara” e non collisione. Perciò definiamo race incident tutti quei contrasti in corsa che portano a contatti, sorpassi, ostruzioni dove uno dei due ci rimette la posizione ma non per cattiveria altrui ma per via del naturale agonismo insito nelle corse automobilistiche.

Ecco che alla luce di queste linee-guida diventerebbe ben più fondamentale di oggi il ruolo dello steward-ex pilota. Perché soltanto lui, che ha gareggiato e si è trovato sicuramente invischiato in situazioni del genere, sa come distinguere l’eccesso di agonismo dalla scorrettezza gratuita. E potrebbe indirizzare con la sua esperienza gli altri giudici di gara sicuramente più esperti di legge e codici sportivi ma non di tecnica di guida.

Riesaminiamo adesso i due discussi episodi alla luce di queste nuove regole d’ingaggio.

Caso Verstappen-Leclerc: Max ha preso la scia (grazie al DRS) e ha staccato forte contando sul maggiore grip delle sue gomme hard che si erano deteriorate meno di quelle di Leclerc, poi lo ha affiancato completamente al punto di corda. A quel punto chi si difende ma si viene a trovare all’esterno perde il diritto della traiettoria. Non soltanto a norma di regolamento ma anche per le banali leggi fisiche che governano il movimento di auto da corsa. In quelle condizioni chi si trova all’esterno e prova a stringere la traiettoria per mantenere la priorità, ci rimette per primo. Non c’è scampo. Ogni pilota lo sa bene perché sono i fondamentali della guida che si imparano fin dai go-kart. Si impara a gettarsi all’interno per prendere la corda e si impara la malizia di allargare in uscita un po’ per portare l’avversario fuori traiettoria e impedirgli di raddrizzare le ruote e riaccelerare prima. Sono malizie delle corse vecchie come il mondo, non “porcate”. Chi si indigna e si scandalizza vuol dire che non ha mai guidato un’auto da corsa oppure non ha mai preso parte a una gara, quindi non è in grado di capire quello di cui si parla per cui meglio che si astenga dal dare un giudizio.

Caso Vettel-Hamilton: con buona pace dei colpevolisti, Vettel non ha fatto una manovra palesemente scorretta. Forse ha cercato di ostruire con malizia Hamilton, forse stava semplicemente controllando la sbandata della Ferrari sull’erba per rientrare prima possibile su asfalto e perdere meno tempo possibile. Soltanto Vettel conosce la verità in cuor suo e nessuna telemetria può dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che l’avesse fatto apposta. Pirro sostiene che la telemetria dimostra che lui aveva rimesso il piede sul gas e quindi aveva il controllo della Ferrari. Ma nessuno può dire che con certezza che Vettel stesse cercando di ostruire deliberatamente Hamilton o semplicemente stesse controsterzando per controllare la macchina. Senza poter dimostrare l’assoluta volontarietà non ci sarebbe evidente scorrettezza e quindi l’episodio, alla luce di quanto ci siano detti prima, non sarebbe da punire.

Chiariamo infine anche il concetto di ruotata. Anche perché sta passando l’esagerata convinzione che quando due pneumatici si sfiorino sia cosa di una gravità inaudita. Non è vero. Non è una scorrettezza a prescindere. Urtarsi con le ruote allineate (o con la carrozzeria quando si gareggia con auto a ruote coperte) fa parte del normale agonismo nelle corse. Ci si tocca in ingresso o in uscita di curva proprio ome si urtano due calciatori – attaccante e difensore – che corrono dietro la palla verso l’area spalla a spalla e si urtano per non lasciare spazio l’uno all’altro. Infatti anche nel calcio la spallata è tollerata, lo sgambetto no. Se cominciamo a contestare le “spallate” o “ruotate” che dir si voglia è finito il concetto stesso di competizione e di agonismo.

Da che mondo è mondo, le corse sono sempre state così. È soltanto l’inflessibilità federale degli ultimi tempi e il sapiente gioco del piagnisteo via radio da parte di chi è stato superato che ha portato nella gente la convinzione che intimidire l’avversario, chiuderlo in frenata oppure affiancarlo e spingerlo all’esterno sia un reato. Non è così. Riportiamo un po’ di sano agonismo e rude combattività nelle corse. E le polemiche lasciamole al calcio e ai vari bar sport.

2 COMMENTI

  1. Troppo ragionevole e condivisibile per essere accettato dalla F1, caro Alberto. Penso anch’io che con queste regole le corse potrebbero essere un tantino più combattute. Dovresti provare a fare lobbying con tutte le tue conoscenze 🙂

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