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C’è qualcuno che definisce questi anni recenti quelli della “microwave era”. L’era del forno a microonde. Nel senso di cotto e mangiato. Tutto e subito. Il microonde, quel forno che cuoce in un minuto quello che su un normale fornello impiegherebbe 15/20 minuti. Così ti puoi mangiare subito il cibo caldo senza aspettare. Peccato che il cibo cotto al microonde sia bollente fuori e tiepido dentro. Moscio e poco croccante. Un cibo che serve a sfamarti subito ma non ti dà gusto. L’era del microwave pretende la consumazione immediata. E questa definizione si adatta a molte attività del mondo attuale: dall’economia, all’intrattenimento sportivo o televisivo. Non voglio fare il romantico-nostalgico, ma certe operazioni, certe gesta fatte con lentezza e con i giusti ritmi erano sicuramente più belle. Adesso, proprio come con la cucina a microonde, si pretendono cottura e consumazione immediata. Non c’è più il piacere di aspettare ma si vuole tutto e subito. Per ingurgitarsi. Di cibo e di emozioni.

La F1 sembra aver sposato questa tesi. Aveva cominciato a dircelo Stefano Domenicali una settimana fa da Portimao, prendendo spunto dalla spettacolare gara Sprint Race dalla motoGP, che le prove libere erano inutili e che bisognare moltiplicare le corse, abbreviarle, mettere un premio in palio ogni volta che i piloti scendevano in pista per motivarli di più. Come si fa con i cani per addestrarli a ripetere qualche esercizio. Un bel premietto sono forma di un croccantino in quel caso, una manciata di punti iridati per il campionato nel caso invece della Formula Uno. Obiettivo: far duellare i piloti su gare più corte e più spettacolari.

Abbiamo visto le conseguenze di queste teorie in motoGP: quattro piloti infortunati fuori dal mondiale per un po’ di settimane. E abbiamo visto come è andata a finire a Melbourne. Dove la F1 ha offerto uno spettacolo a mio parere molto discutibile. Abbiamo perso il conto delle bandiere rosse e delle ripartenze. In compenso abbiamo avuto cinque o sei monoposto frantumate, la gara di piloti come Gasly e Sainz che avevano gestito benissimo gomme e ritmo per un’ora e oltre piazzandosi vicino al podio improvvisamente distrutta da una mini-gara di un giro solo alla boia chi molla. Decisa da uno dei più pasticcioni direttori di gara che la F1 abbia mai avuto. Niels Wittich.

Le teorie di Stefano Domenicali non sono certo una novità per la F1: da che mondo è mondo, il promoter della F1 cerca di rendere le corse sempre più spettacolari anche in modo artificioso perché il pubblico si diverta di più, accorra in massa in circuito o davanti alla tv e renda la categoria sempre più popolare. Succede da sempre. Ricordo che una ventina di anni fa il direttore del GP F1 a Imola mi raccontò che durante il GP un pilota si girò e restò in mezzo alla pista: dopo pochi secondi piombò in direzione gara Ecclestone che gli sussurrò nell’orecchio:”Safety car, safety car!”. Mica gliene fregava della sicurezza al buon Bernie: lui pensava soltanto allo show! La safety car avrebbe congelato la gara raggruppando i piloti e ridato suspence al finale. Peccato che i commissari di Imola furono così bravi a togliere di mezzo in quei pochi secondi la monoposto dal centro pista che quel direttore di gara potè rispondergli con un sorrisetto, alludendo al gran lavoro dei suoi uomini in pista: non serve Bernie, la pista è già sgombra! E Ecclestone se ne tornò con le pive nel sacco nel suo ufficio. Lo stesso Ecclestone che qualche anno dopo avrebbe teorizzato i circuiti con le “trappole”: sabbia o acqua all’improvviso in una curva per mettere in difficoltà i piloti. Ve la ricordate quell’idea folle? Manco un circuito fosse una pista per le biglie sulla spiaggia!

Ora io capisco le necessità di Stefano Domenicali che deve “inventarsi” una nuova formula per soddisfare i suoi azionisti americani perché questa F1 è un po’ noiosa se si seguono le vecchie regole. A Melbourne smarcate le gomme di mescola diversa grazie alla prima bandiera rossa, la gara era diventata una noia pazzesca: con i piloti impegnati a girare tutti sul passo di 1’21”, a serbatoi pieni oppure con macchina scarica. Anche se la macchina si alleggeriva non cambiava un tubo: andavano sempre tutti allo stesso ritmo, cinque secondi al giro più lenti del potenziale della monoposto guidando come taxisti, accelerando dolcemente, frenando senza molta pressione sul pedale, addirittura facendo lift and coast come si usava nelle gare Endurance di una volta per non degradare le Pirelli hard che avrebbero dovuto durare ben 50 giri. Guai se le rovinavi perché chi si fermava per sostituirle era perduto. Ma non ci si possono inventare bandiere rosse ogni mezz’ora per sconvolgere la gara e rimettere tutto in discussione in modo artificioso. C’è un limite al buon gusto. Pe rispetto dello sport. E c’è un limite anche all’ipocrisia. La bandiera rossa nell’incidente di Albon o Magnussen per ripulire la pista per motivi di sicurezza? Si poteva usare la safety far per far transitare i piloti lentamente in quella curva e i commissari avrebbero avuto il tempo di spazzare i detriti.

È poi è ridicolo invocare i motivi di sicurezza per ripulire la pista se poi ti inventi una mini-gara finale di due giri che è la fiera dl pericolo. È una scusa molto ipocrita, Perché se fai partire una corsa brevissima con in palio 25 punti iridati, i piloti, che non sono ragionieri, si butteranno coltello tra i denti all’attacco in ogni curva sgomitando per passare davanti all’avversario, perché è nel loro istinto farlo. E nel loro Dna.
Il direttore di gara pensa in quel modo di aver salvaguardato la sicurezza togliendo qualche granello di sabbia in meno sull’asfalto? Macché ha creato solo un gran pericolo extra. Come s’è visto.

Questa frittata di monoposto a fine corsa, con le due Alpine spiaccicate sul muro, e poveri piloti che erano a punti per tutta la corsa che di colpo vanno fuori gara, è il nefasto risultato di inseguire a tutti i costi lo show e inventarsi gare corte, inutili, stupide e pericolose. Che sono soprattutto ingiuste. Perché trovo che vanifichino l’impegno (e i rischi) che corridori come Gasly (ma pensate anche ad Alonso se Sainz gli avesse rotto l’auto) si sono presi per un’ora e mezzo di corsa regolare gestendo 50 giri con tenacia e bravura per difendere i punti iridati. Punti che invece hanno dovuto lasciare contro un muro perché un direttore di gara ha deciso che è più divertente e spettacolare finire il GP con un garetta-autoscontro di un solo giro che innalzi l’audience.

Basta con questa mania di adattare l’evento sportivo alla durata di un reel su Instagram o di uno short su YouTube altrimenti i giovanissimi si annoiano e si staccano dalla F1. Sono loro che devono cambiare le loro abitudini, non lo sport adattare le sue regole perché il pubblico è tutto nuovo.

2 COMMENTI

  1. Carissimo Alberto, mi permetto di darti del tu, seguo la F1 dal 1976 ed essendo nato nel 1968 di cose nere in questo sport ne ho viste. Domenica abbiamo si toccato il fondo ma il vero problema della mancanza dello spettacolo sono le regole che hanno creato LM e i tecnici al suo servizio. Tecnici che a parte Brawn valevano poco anche al servizio delle scuderie. Le macchine sono sbagliate, le regole delle wing car peggio. Questo è il punto è noi tutti appassionati ricordiamo bene nei 70 anni della f1 che qua do L inventiva regnava i piloti veri venivano fuori, nessuno gestiva gomme programmate per durare quanto vuole il promoter. Questo è il vero punto. Serve una mentalità nuova ispirati dal vecchio. Insomma un back to the future altrimenti la strada è segnata verso la creazione di una Arena sportiva utile solo a riempire le tasche di qualcuno grazie ad un pubblico enorme ma incompetente.

  2. Pienamente d’accordo Alberto. Quando si cambia qualcosa, anche nella vita, senza riflettere davvero se è meglio di ciò che si lascia, beh allora si è destinati al … nulla, al tutto è relativo, … E’ lo specchio della società che “avanza”.

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