Alzi la mano chi, fra i veri nostalgici del Cavallino, vedendo il giro su tre ruote di Leclerc a Montecarlo, non abbia pensato a Gilles Villeneuve. E a quella rocambolesca impresa su tre ruote che compì nel 1979 nel corso del GP d’Olanda a Zandvoort. Quando Gilles percorse un intero giro su tre ruote perdendo via via prima lo pneumatico posteriore sinistro, poi il cerchio, quindi tutto il mozzo e infine il semiasse della Ferrari 312 T4. E poi giunse ai box con mezza macchina mancante dietro, come se niente fosse, chiedendo ingenuamente a Forghieri: “Me la potete riparare? Voglio tornare in pista!”.
Dopo quella gara dilagò la famosa “febbre Villeneuve” che Autosprint lanciò con grande enfasi sul giornale e con tanto di gadget cartaceo allegato alla rivista: un piccolo termometro che doveva misurare la febbre della passione del tifoso ferrarista Doc. Febbre che era esplosa già qualche settimana prima, all’epoca del GP di Francia a Digione, con quelle leggendarie ruotate fra Gilles e Arnoux che consacrarono Villeneuve a idolo delle folle ferrariste.
Il video del giro su 3 ruote di Villeneuve
Ma quella era un’altra Formula Uno. Parliamo di quarant’anni fa e di un’epoca in cui i tifosi ferraristi, orfani di Lauda passato alla Brabham, cercavano disperatamente un idolo da supportare col proprio tifo caloroso. Un idolo che incarnasse la loro passione. Che trasmettesse loro emozioni forti. Brucianti. Quel piccolo canadese che sapeva aggredire la pista e gli avversari con la sua guida irruente, che si buttava dentro l’avversario in staccata compiendo sorpassi impossibili perché non aveva paura di niente, ben diverso dal freddo e razionale Lauda, era perfetto per diventare l’idolo dei ferraristi. Gilles era il pilota ideale per rivestire quel ruolo di agitatore delle folle perché vedendolo guidare si percepiva subito quanto ci mettesse del suo. Quanto andasse forte. Quanto guidasse al limite. Si capiva che era uno che non si arrendeva mai. Come quel giorno a Zandvoort quando voleva andare avanti a tutti i costi, ignorando che la macchina che stava guidando stesse perdendo i pezzi e non fosse più in grado di funzionare.
Leclerc, frustrato dall’errore del box ferrarista al sabato, ha provato a guidare alla Gilles sulle strade del Principato. E per una decina di giri ci è riuscito. Ha compiuto due brillanti sorpassi. Ho sentito enfatizzare il primo, quello a Norris al tornante del Loews che invece giudico abbastanza normale. Ne abbiamo visti tanti simili nei vari GP di Montecarlo in quel punto. Il difficile al Loews non è compiere il sorpasso, ma la preparazione: indurre cioé l’avversario davanti a sbagliare la frenata o la traiettoria. Premendolo nelle curve prima, mettendogli pressione e ansia spostandosi di traiettoria nella discesa del Mirabeu (il tratto destra precedente). Leclerc è stato bravo a finalizzare il sorpasso, ma va anche detto che Norris era un debuttante a Monaco in F1 e la sua inesperienza s’è vista tutta. Ha resistito solo tre giri davanti al ferrarista percorrendo sempre traiettorie diverse in quel punto finché non ha sbagliato linea lasciando un varco aperto alla Ferrari. Hamilton, che è di tutt’altra pasta, ha affrontato quel tornante 68 volte con il fiato sul collo di Verstappen dietro a pochi centimetri e mica ha mai sbagliato.
Quello che è stato incredibile invece è il sorpasso di Leclerc su Grosjean alla Rascasse al 7° giro. Quello è un punto molto più insidioso. Perché si arriva a velocità molto più alta dal rettifilo curvo delle Piscine e si deve frenare con la macchina storta. Lì Leclerc ha compiuto un capolavoro perché ha intuito un varco a destra lasciato scoperto dalla Haas e si è infilato dentro senza pensarci su. A Montecarlo si deve fare così se vuoi passare: cogliere l’attimo e gettarsi a vita persa dove intuisci più che vedere la presenza di un piccolo spazio. Se indugi a pensare come fare, è finita. Perdi l’attimo buono. Perché tutto va talmente in fretta che non c’è tempo di riflettere o soppesare le cose. Nelson Piquet diceva che girare con una F1 a Montecarlo è come andare in bicicletta dentro casa: è talmente stretto e tutto al limite che prima o poi sbatti sempre da qualche parte.
Leclerc purtroppo ha urtato il guard rail alla Rascasse tentando di ripetere su Hulkenberg la stessa manovra che aveva compiuto su Grosjean. Il varco c’era, si vede dalla foto qui sopra. Solo che non era abbastanza largo e Hulk non s’è spostato più di tanto. Leclerc è stato troppo ottimista: non era arrivato perfettamente all’altezza della Renault in frenata. E perciò quando Hulk ha girato lo sterzo per completare la curva, Leclerc ha dovuto sterzare a sua volta per evitare l’urto. Pizzicando il guard rail alla propria destra. Si vede bene nella foto la ruota posteriore destra sollevata per via del lieve dell’impatto.
La cosa più emozionante di tutta questa vicenda è che alla Rascasse la strada gira attorno a un bar dove al di là del guard rail gli spettatori pranzano, protetti dalle barriere, seduti al tavolino di un caffè a pochi centimetri dalle F1 che curvano. Chissà cosa hanno provato quei fortunati (in realtà pagano migliaia di euro per il privilegio di stare lì…) quando Leclerc con la ruota posteriore destra della sua Ferrari ha urtato il guard rail facendo probabilmente vibrare il tavolinetto dove stavano consumando un caffè.
Subito dopo Leclerc si è esibito nel famoso giro di pista su tre ruote, emulo di Villeneuve, perdendo via via pezzi di gomma che stracciandosi gli ha rotto il fondo piatto danneggiando la macchina. L’unica cosa che non è cambiata fra le F1 del 1979 dell’epoca di Gilles e quelle odierne, sono le leggi della fisica cui debbono sottostare. Su tre ruote non possono andare avanti. Oggi come ieri. Così Leclerc si è ritirato come Gilles nel 1979.
La vera domanda a questo punto è: basta un sorpasso incredibile come quello su Grosjean e il giro di rientro su tre ruote a scomodare per Leclerc la leggenda di Villeneuve?
Ragionando col cuore verrebbe da dire probabilmente sì. Noi cerchiamo momenti spettacolari nelle corse, siamo annoiati dalla ripetitività delle cose e dai risultati scontati per cui l’impresa di Leclerc, il non volere arrendersi mai anche se partiva in fondo alla griglia, ci ha esaltato. Quello spirito di dare il tutto per tutto fa parte della tradizione del vero Corridore, con la C maiuscola. E da appassionati ne restiamo affascinati. Perché è la vera essenza del motorsport d’una volta.
Ma vedendo le cose in modo più distaccato e razionale, si potrebbe dire che Leclerc ha sprecato una grande occasione a Montecarlo. È vero, si è reso protagonista ed ha alimentato la leggenda del Corridore d’altri tempi, tutto cuore e coraggio. Ma i tempi sono cambiati. Avesse gestito meglio la propria irruenza avrebbe ottenuto un risultato di rilievo. Invece è rimasto con un pugno di mosche in mano e zero punti. Partiva in coda, ma aveva la macchina per tentare una buona rimonta ed entrare sicuramente nei top dieci. Probabilmente ancora più su. Invece niente.
Per cui il GP di Montecarlo di Leclerc non va giudicato in modo precipitoso o soltanto con l’emotività. Attenzione a non fraintendermi: io non dico che doveva guidare in modo rassegnato perché a Montecarlo o provi a prenderti dei rischi come ha fatto lui, o ti accontenti di fare il comprimario e finisci in coda. Ma forse avrebbe dovuto essere non dico cauto, ma più lungimirante. Pensare in primis all’obiettivo finale. Che non era superare a tutti i costi chi gli era davanti in quel momento, ma arrivare in fondo in buona posizione. Quel Grosjean che Leclerc aveva scavalcato al settimo giro, ha finito il Gran Premio in nona posizione, mica ultimo. E Charles gli era già davanti dopo pochi giri. Le due Toro Rosso erano lì a portata di mano, a pochi secondi da Grosjean. Con una gara tenace Leclerc poteva finire nei top sei. E poi, non sai mai, a Montecarlo può sempre uscire una safety car a rimettere tutto in discussione. Bisogna avere la freddezza per tenersi in partita. Invece dopo un quinto di gara era già out. E la Ferrari ha perso altri punti iridati in classifica mondiale dalla Red Bull e Charles ha visto gli avversari allungare in campionato.
Leclerc avrebbe dovuto aspettare il varco giusto per attaccare Hulkenberg (quello che ha scelto non era il momento adatto, l’ha ammesso pure lui); poi forse doveva rientrare subito ai box appena dopo la pizzicata al guard rail per cambiare le gomme perché l’ingresso della pit lane era lì, dopo la Rascasse. Invece che percorrere un giro intero. Perché doveva immaginarsi che a Montecarlo ogni toccata frutta una foratura.
Troppi se e troppi ma? Forse sì, ma il fatto è che Leclerc, questo talento cristallino che la Ferrari ha scovato nel proprio vivaio, deve adesso imparare anche ad essere consistente. Non soltanto veloce. Conquistare punti pesanti, non pensare solo alla vittoria, o la va o la spacca. Perché tanto con questa Ferrari, per ora, la vittoria non arriva. Meglio allora comportarsi diversamente. Come ha imparato Vettel che con questa Ferrari incostante fa la formichina e sfrutta le occasioni. Strappare qualche punto in più e accumulare un tesoretto di punti che ti tengano in corsa aspettando momenti di migliore competitività.
Leclerc invece ha voluto giocarsi tutto e subito. Ha corso alla disperata perché era frustrato per la posizione di partenza nelle retrovie. Colpa del team, è vero. E Binotto se ne è assunto la responsabilità. Ma anche il pilota deve recriminare su qualcosa: non è che Charles avesse fatto un tempo così stratosferico nel primo giro in Q1: avesse ripetuto il crono delle libere 3 invece di girare 9 decimi più lento, si sarebbe qualificato agevolmente. E non staremmo a parlare di partenza nelle retrovie.
Insomma, forse la lezione che Montecarlo può dare a Leclerc è che il monegasco dovrebbe imparare a percorrere la stessa parabola che ha seguito Verstappen. Che da quando ha smesso di guidare al 110% e si è messo a viaggiare solo al 99% del proprio potenziale, sbatte meno, finisce le gare ed è diventato molto più costruttivo, consistente ed efficace.
Purtroppo i numeri dicono che dopo il capolavoro di guida di Monaco, Leclerc ha perso altri preziosi punti e ora insegue Vettel con 25 punti di distacco nel mondiale. Leclerc, con 80 punti di svantaggio da Hamilton, è già troppo staccato dalle Mercedes in campionato. Quindi non meravigliamoci se nei prossimi Gran Premi la Ferrari, anche se lui fosse più veloce, gli chiederà ancora una volta di farsi da parte per far passare. È proprio questo che vuole? Di certo no, quindi impari subito ad essere più consistente. Tanto è più facile diventare costante se sei velocissimo, che il contrario.