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Dov’è che la Ferrari ha perso la corsa a Monza? È il dubbio su cui si sono arrovellati i tecnici a Maranello per tutto il lunedi post gara esaminando i tabulati dei rilevamenti cronometrici del GP d’Italia. Proviamo a capirlo mettendoci nei loro panni. È un dato di fatto indiscutibile che quella di Monza sia stata la peggior Ferrari del 2017 (e si sia visto invece il miglior Hamilton). In Canada Vettel aveva preso 35” da Hamilton e Raikkonen ben 58”. A Monza invece Seb è arrivato a 36” dal primo e Raikkonen oltre il minuto. Vero che c’è Silverstone, con il 3° e 7° posto, ma lì la corsa era stata compromessa dalle forature sulle due Rosse che hanno condizionato il risultato. Monza invece è stata una sconfitta prestazionale senza attenuanti. Abbastanza da fare esclamare a Marchionne: “Mi girano le balle!”

Il divario complessivo al traguardo di Monza fra Mercedes e Ferrari, riportato sul singolo giro, significa per Vettel un distacco medio di 7 decimi al giro. Ma in realtà sarebbero ben di più complessivamente se Hamilton, dopo il pit stop, non avesse rallentato il ritmo per salvaguardare il proprio motore mentre Vettel ha continuato a spingere per difendersi dalla rimonta di Ricciardo.

Quale il motivo di una così grave debacle specie dopo la bella prestazione di Spa? Almeno in qualifica, sul bagnato, era emersa una responsabilità chiara per spiegare i 2”4 di distacco sul giro dalla pole: colpa di qualche strana incompatibilità fra telaio/sospensione della Ferrari e le gomme full wet Pirelli che sulla Rossa non si scaldavano a dovere e non offrivano grip. È invece più difficile capire cosa non abbia funzionato in corsa. Una causa unica e definitiva in grado di spiegare il passo falso della Ferrari nel GP d’Italia non c’è. Però si possono fare alcune considerazioni che spiegano la scadente prestazione monzese.

VELOCITA’ SCARSA – Di base il problema viene a causa di una macchina, la SF70H, che per le sue caratteristiche tecniche si “sposa male” col particolare tracciato di Monza. Il Tempio della Velocità non si chiama così a caso: è un circuito velocissimo che esalta chi ha un motore con tanti cavalli e le monoposto dalla bassa resistenza aerodinamica. Due caratteristiche che non sono tra quelle in cui la Ferrari SF70H primeggia. La differenza di potenza massima fra il V6 ibrido Ferrari e quello Mercedes sono minime (una ventina di cavalli o poco più) ma esistono comunque. Ma da sole non bastano a fare una differenza di quasi 1” al giro.

Il magistrale sorpasso di Ricciardo su Raikkonen il più bello di tutta la corsa

PASSO CORTO – C’è un’altra caratteristica che può aver fatto la differenza: la Ferrari di quest’anno è una monoposto a passo corto (14 cm meno della Mercedes) che sviluppa molto carico aerodinamico; questa dote l’ha resa vincente su tracciati sia con curve lente che con curve veloci d’appoggio come Spa. Infatti in Belgio la Ferrari volava e ha conteso la vittoria alla Mercedes. Monza però è molto diversa da Spa. Sono due piste che hanno in comune le elevate velocità medie sul giro (236 km/h in gara a Spa, 250 km/h a Monza) ma i due tracciati richiedono attitudini differenti. In Belgio vai forte se hai una buona deportanza; sulla pista lombarda primeggi se hai tanti cavalli e poco drag (resistenza aerodinamica). In pratica a Spa il tempo lo fai nelle curve, a Monza sui rettifili.

La difficoltà di Raikkonen di tenere la scia della Mercedes. Sotto, nel disegno di Piola (concessione @F1) le ali Ferrari usate a Spa e Monza. Lievissime differenze.

La SF70H è una monoposto a passo corto, una caratteristica che sulla maggior parte delle piste la favorisce (Melbourne, Montecarlo, Ungheria), qualche volta la penalizza. Perché mai? Perché, per una semplice questione fisica, un’auto a passo corto (come la SF70H) è più maneggevole nel misto ma sviluppa anche per natura più resistenza all’avanzamento in rettifilo di un’auto a passo lungo come la Mercedes W08. E quindi fatica a sviluppare una velocità massima elevata. Questo succede per tanti motivi, ma soprattutto perché per raggiungere la stessa quantità di deportanza deve montare ali leggermente più cariche in quanto la vettura “corta” ha meno corpo vettura e meno fondo che generano downforce. Infatti in gara Vettel era tra gli ultimi in velocità di punta, con 343,8 km/h. Contro i 357,4 km/h della Force India di Perez, i 356,7 della Williams di Massa, i 355,2 km/h della Red Bull di Ricciardo (anche se molti di loro hanno goduto di scie).

Appurato che i rettifili di Monza favorivano di base la Mercedes (e non penalizzavano troppo la Red Bull), a volte un perfetto set up aerodinamico della macchina permette di ovviare e compensare queste difficoltà. Ma a Monza alla Ferrari è mancato forse il tempo per fare l’assetto ideale. Tanto che Vettel ha ammesso nel dopogara che “per fare la differenza a Monza serve un grande feeling nella macchina”. Che significa la sicurezza di poter entrare un pizzico più forte a Lesmo e Parabolica, frenare più dentro le chicane con la tranquillità che la macchina “ci sta”. Ma poi ha concluso che “Questo feeling io non l’avevo”.

TEMPI PARZIALI – Ogni pista di F1 è divisa in tre settori ed i cronometristi forniscono alle squadre i tempi parziali di ogni settore e di ogni giro. Utilissimi per capire dove si perde e dove si guadagna. Monza ha il vantaggio che ogni parziale ha caratteristiche ben precise: il Settore 1 va dal Traguardo a prima della chicane della Roggia; il 2 va dalla Roggia a prima della variante Ascari; il 3° va da Ascari a Traguardo (compresa la Parabolica). La comodità è che sono tutti lunghi più o meno uguali perciò i piloti impiegano a percorrerli circa 27/28 secondi l’uno, quindi si possono capire meglio le varie differenze di prestazione.

Ebbene, analizzando i riscontri viene fuori che Vettel nel 1° settore, che comprende tutto il lungo rettifilo d’arrivo, perdeva appena 1 decimo da Hamilton; proprio come nel 3° settore che comprende Ascari, rettifilo di ritorno e Parabolica. Mentre nel 2° settore, che integra la frenata della Roggia e relativa chicane e le due curve di Lesmo, lasciava per strada ben 6 decimi rispetto ad Hamilton. In un tratto uguale agli altri. Ecco dove evidentemente non aveva quel feeling con la macchina di cui si lamentava.

Il bagnato del sabato ha impedito a Vettel di eseguire un perfetto set up per la gara

A voi le conclusioni. Probabilmente la sconfitta della Ferrari non è stata di motore, ma di aerodinamica. Un po’ sul dritto e un po’ in curva. Forse per scaricare troppo la macchina per conservare una decente velocità in rettifilo l’hanno resa troppo “ballerina” nelle chicane e a Lesmo. Di certo alla Ferrari di Monza è mancata una messa a punto perfetta. Evidentemente la SF70H è una monoposto molto sensibile che richiede un set up delicatissimo. Infatti nel corso del 2017 si è visto che il Cavallino impiegava spesso il turno di prove del sabato mattina per raggiungere quel “fine tuning”, quel perfezionamento dell’assetto, in grado di migliorare decisamente le prestazioni. A Monza però sabato mattina diluviava e la sessione è stata praticamente inutile. Così la Ferrari si è portata domenica in gara le stesse difficoltà emerse al venerdi. Dove si erano già colti alcuni indizi della netta superiorità Mercedes sul passo-gara che nelle FP2 girava mediamente oltre mezzo secondo meglio della Ferrari.

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