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Hanno fatto impressione le strisce colorate del circuito Le Castellet dove si corre il GP Francia F1 in questo ultimo week end di giugno. Curiose, spettacolari ma discusse. Come mai la pista è fatta così? Se lo chiedono in tanti. È forse un’aberrazione cromatica voluta dagli organizzatori in omaggio al tricolore francese? Non è esattamente questo il motivo. Quelle strisce colorate hanno una funzione pratica. Ma prima è bene scoprire anche un po’ di storia del Castellet per conoscerne i segreti.

Il Circuito del Castellet è relativamente recente. Fu voluto nel 1972 dall’industriale francese Paul Ricard. Costui era un produttore di liquori e aperitivi all’anice – la famosa “anisette” Ricard che in Francia è diffusissima – appassionato di corse. Era una pista caratterizzata da un lunghissimo rettifilo, quello del Mistral (nome del vento che soffia su quell’altopiano francese). Per anni il circuito del Castellet è stato uno dei pilastri del motorsport internazionale sia per auto che moto anche perché con le sue ampie vie di fuga era all’avanguardia della sicurezza nei primi anni Settanta. Il debutto agonistico del Castellet avvenne nel 1973 con una gara del motomondiale che vide la prima leggendaria vittoria di una Yamaha nella classe 500 del motomondiale. A trionfare fu Jarno Saarinen che sarebbe morto un mese dopo a Monza. Da quell’anno il Castellet ospitò regolarmente anche la F1 fino al 1990. E poi gare di ogni genere, compresa una 24 ore di moto trasmigrata da Le Mans.

La pista del Castellet era lunga oltre 6 km e aveva un disegno molto particolare: un lunghissimo rettilineo, quello del Mistral, di circa 2 km, seguito poi da una parte mista di curve e controcurve molte davvero impegnative. Leggendaria era la piega a destra di Signes alla fine del rettifilo del Mistral, dove le monoposto arrivavano a circa 300 km/h. Negli anni delle F1 turbo la curva si faceva parzializzando il gas, mentre verso la fine degli anni ’80 grazie alla migliore deportanza delle monoposto, alcuni piloti – i più audaci – riuscivano ad affrontarla praticamente in pieno a 300 km/h! Era uno spettacolo! Per un giornalista come me, all’epoca, il Gp di Francia era una gara da non perdere. Perché era il luogo ideale per andare a vedere in pista come guidavano i piloti e capire le differenze fra loro (già, è così: una volta era normale andare in pista a vedere dal vivo piloti e macchine in azione, non si seguivano dai monitor della tv).

C’era un appuntamento rituale del venerdi al GP di Francia: la famosa “tribuna degli esperti”. Non una vera tribunetta ma uno spiazzo all’interno di Signes, più o meno all’altezza del cartello dei 100 metri dalla curva, dove si ritrovavano ex piloti opinionisti come Jackie Stewart e Lauda, team manager come Dennis, Williams, e i giornalisti più curiosi per vedere dal vivo chi faceva la curva in pieno e chi alzava il piede perché non se la sentiva. Più che il rumore, ci si basava sull’osservazione del retrotreno della F1. Si guardavano gli scarichi. Se fiammeggiavano da sotto il fondo, vuol dire che il pilota aveva alzato il piede perché in rilascio le F1 dell’epoca sputavano fiamme dallo scarico. Non ci si poteva sbagliare. Signes al Castellet ed Eau Rouge a Spa erano i due punti privilegiati fra le piste di F1 per capire chi aveva fegato e chi toglieva il gas nel punto più difficile. Chi erano i più audaci che entravano in pieno? Oltre a Senna, mi ricordo Nannini e Boutsen con le Benetton F1.

Nel 1991 poi il Castellet uscì dal giro F1 perché il GP Francia fu spostato a Magny Cours e quindi nessun altro pilota dell’epoca moderna ci ha mai corso. L’ultimo fu Jean Alesi, che qui si rivelò al mondo con un quarto posto nella gara del debutto tanto che fu subito cercato da Williams e Ferrari. Negli anni ’90 il Castellet venne usato solo per i test. Nel 1995, Schumacher, durante una pausa dei test F1, decise di girarci con la nuova Bugatti EB110 gialla che si era appena regalato per festeggiare il primo titolo mondiale vinto ma sottostimò la curva di Signes (forse pensava all’aderenza extra che ha una F1 e non una GT stradale), uscì di pista e distrusse la Bugatti avviluppandosi nelle reti esterne.

Ben più tragica fu la fine di Elio de Angelis il 15 maggio 1986. Il pilota romano, che era il più forte corridore italiano nei primissimi anni ’80 (fu 3° nel mondiale F1 1984), passato alla Brabham per sfuggire alla concorrenza di Senna in Lotus, morì in un incidente al Castellet mentre svolgeva i test pre-Montecarlo. La sua Brabham per la perdita dell’ala uscì di pista nella velocissima esse della Verrerie, dopo il traguardo, che si affronta in sesta, decollò e si ribaltò prendendo fuoco. De Angelis poteva essere salvato se i soccorsi fossero stati tempestivi perché il fuoco era marginale, ma restando sotto l’auto soffocò per il fumo. Purtroppo allora nei collaudi privati F1 non si usava lo stesso spiegamento di sicurezza di un GP vero e la morte di De Angelis fu dovuta a questa leggerezza. Da allora si capì la lezione e nei test F1 viene oggi usato lo stesso sistema di soccorso – elicottero compreso – di un qualsiasi GP.

Dopo la tragedia di De Angelis la pista del Castellet venne modificata per ragioni di sicurezza. Fu tagliata tutta la parte nord, compresa la esse della Verrerie e parte del Mistral. Fu creato un raccordo dopo i box che immetteva sul Mistral accorciato a 1 km. Ma il Castellet così mozzato aveva perso fascino: si girava in meno di 1’10” ed ebbe vita breve per la F1. Ci corse fino al 1990, anno in cui in una gara memorabile stava per vincere Ivan Capelli con la Leyton House, ma nel finale dovette rallentare per problemi di benzina. La vittoria andò alla Ferrari di Prost.

Negli anni Duemila la missione di questo circuito cambiò: uscì dal giro delle corse e fu acquistato da Bernie Ecclestone che ne volle fare una pista di collaudi. Benrie pensava che potesse essere una fonte di guadagno più redditizia affittarlo per i test alle squadre invece che farci le corse. Tilke ridisegnò il tracciato, simile ma non uguale. Sono rimaste curve mitiche come Signes e la doppia destra di Le Beausset. Ma furono soppresse tutte le tribune (tanto chi va a vedere i test?) e soprattutto tutte le vie di fughe in ghiaia vennero sostituite da ampi spazi in asfalto. Fu la prima pista vent’anni fa ad adottare il criterio di asfaltare l’esterno delle curve, criterio che oggi è comune a tanti circuiti. Il motivo? Semplice: per non interrompere i collaudi e non danneggiare le macchine. Essendo una pista di test, si voleva fare in modo che i piloti perdessero meno tempo possibile in caso di errori di guida. Con l’asfalto ai lati, chi usciva di pista poteva ripartire in fretta e proseguire i collaudi ottimizzando i tempi di lavoro invece di finire in ghiaia, rovinare la macchina e perdere ore per il trasporto e la riparazione ai box. In più vennero aggiunte le famose strisce colorate, quelle che oggi fanno discutere e confondono le idee. Non fu un vezzo cromatico ma una necessità: avendo asfalto ai lati, si posero fasce di asfalto più o meno ruvido ad aderenza differenziata per frenare meglio le macchine in caso di uscita di pista o di testa-coda. Le varie zone ad aderenza differenziata venivano identificate da strisce rosse oppure blu. Le seconde più ruvide delle prime.

Oggi il Castellet, visto dall’alto, possiede ancora le sue belle righe rosse bianche e blu che lo fanno assomigliare al contenuto di un dentifricio. La pista è talmente piena di raccordi per ogni genere di test che il primo giorno di prove Vettel si è confuso e a un certo punto non sapeva più dove andare. Ecclestone due anni fa aveva già pensato di riportarci la Formula Uno prima di vendere a Liberty Media e gli americani hanno seguito l’idea. Così il Gp di Francia è tornato nella sua sede storica degli anni Settanta e Ottanta. Peccato si siano dimenticati che con le corse di F1 sarebbero tornati anche gli spettatori! Invece non sono mai state realizzate altre vie di accesso per smaltire la folla: c’è una sola strada che dal mare, venti km più a sud, porta al circuito sull’altopiano. E nel weekend del GP ci sono state code chilometriche di spettatori con gente che al venerdi è riuscita ad arrivare in pista a prove finite!

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