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Perché non congelare le mappature dopo la prove considerandole alla stregua di un assetto da qualifica? In pratica, togliere alla Mercedes il vantaggio del “bottone magico” da cui ricavano più potenza per pochissimi giri. È una provocazione, me ne rendo conto, ma non sarebbe del tutto sbagliata. Anzi, è piuttosto coerente con la logica del regolamento attuale che vieta di modificare la monoposto fra prove e gara. È la proposta folle di Christian Horner (team principal della Red Bull). Per capire l’origine di questa idea, però, bisogna partire dall’inizio. E cioé proprio dalle qualifiche.

Se c’è una certezza che l’inizio di stagione F1 ha dimostrato è che la Mercedes possiede ancora una enorme superiorità sul giro secco per la pole. A Melbourne c’erano quasi 7 decimi fra la W09 di Hamilton e la prima Ferrari (quella di Raikkonen). Certo, possiamo dire che Hamilton era particolarmente ispirato quando ha compiuto il suo giro da pole e che Vettel invece ha compiuto qualche errore in Q3, ma sempre quasi 7 decimi sono (664 millesimi per la precisione). Un divario triplicato rispetto allo stesso GP australiano di un anno fa quando il distacco Mercedes-Ferrari in qualifica era stato di appena 26 centesimi. Contro i 66 di quest’anno.

Se poi andiamo a fare un paragone fra il divario in qualifica fra Mercedes e Ferrari nel 2017 scopriamo che le cose andavano meglio un anno fa rispetto ad oggi. Prendiamo soltanto le ultime 6 gare di fine stagione, dalla Malesia in poi che sono state molto indicative. Bene, la media degli ultimi 6 GP del 2017 (Sepang, Suzuka, Austin, Mexico City, Interlagos e Abu Dhabi) dice che la Mercedes è stata mediamente più veloce della Rossa sul giro secco di 207 millesimi. Mica poi tanto. Il picco c’è stato ad Abu Dhabi, con oltre mezzo secondo di differenza, ma per ben due volte il distacco è rimasto sotto al decimo di secondo e una volta (in Messico) la Ferrari è stata persino davanti. Un distacco medio su 6 gare di 2 soli decimi è accettabile.

Poi arriviamo a Melbourne 2018 e scopriamo che la Mercedes ha fatto un balzo enorme in avanti sul giro secco. Sappiamo tutti che la differenza la fa quello che chiamiamo volgarmente il “bottone magico” della Mercedes. Ovvero una mappatura super-prestazionale che permette di spremere il V6 turbo ibrido della Mercedes oltre il suo limite normale, per erogare una quantità di cavalli extra. Tutti noi, per semplicità, il dispositivo Mercedes lo chiamiamo “bottone magico”, ma il nome ufficiale del sistema è “quali-mode”. Che qualcuno ha ribattezzato scherzosamente “party-mode” scimmiottando la famosa pubblicità della Martini, perché quando i piloti Mercedes azionano il “quali-mode”, la qualifica per loro diventa una festa, un vero e proprio party dove si divertono soltanto loro.

Adesso Horner lancia la provocazione di introdurre il parco chiuso anche per le mappature. Ovvero eliminare l’effetto del bottone magico. Vinciamo la tentazione di bollarlo come il solito capriccio degli uomini Red Bull che si lamentano sempre, e ragioniamo meglio sul principio della proposta.
Se la mappatura da qualifica è una condizione speciale di super competitività temporanea che viene usata solo per pochi giri per fare il tempo e viene poi scartata per la gara, essa non va contro lo spirito del regolamento? Il quale dice che la macchina dovrebbe disputare la corsa nella condizione esatta in cui ha terminato la qualifica.

Da un punto di vista sportivo e anche logico l’obiezione ha un senso. In fondo il parco chiuso era stato introdotto per “congelare” la messa a punto tra prove e gara ed impedire che si costruissero monoposto “da qualifica” che poi venivano stravolte nella notte fra sabato e domenica per adattarle al diverso passo di gara, come avveniva quindici anni fa, con grande stress lavorativo sui meccanici.

Il discorso perciò ha una propria coerenza: se è proibito cambiare l’assetto meccanico e aerodinamico delle macchine fra prove e gara, perché dev’essere invece permesso di manipolare liberamente quello elettronico? Se i team devono mantenere le stesse ali con cui il pilota ha fatto la qualifica, le stesse regolazioni di sospensione e altezza da terra e persino le stesse gomme (usate), perché l’ingegnere può liberamente cambiare il software che distribuisce e regola la potenza del motore? Il regolamento da questo punto di vista non offre una risposta. Per imporre la mappatura uguale fra sabato e domenica bisognerebbe cambiare le regole sportive. E a questo punto l’iter legislativo diventerebbe lunghissimo fra strategy group, consiglio mondiale della Fia e cose del genere.

Il dilemma, però, è etico-politico, piuttosto che tecnico. Qui si dibatte fra il fatto di considerare l’elettronica alla stregua della meccanica oppure no. Il software conta come l’hardware? Una mappatura ha la stessa influenza di un alettone o di una gomma ultrasoft? Il dibattito si farebbe infinito. Io sono personalmente contro la regola del parco chiuso e mi schiero idealmente per la libertà di modificare (entro certi limiti) auto, gomme e assetti fra sabato e domenica. E fra asciutto e bagnato. Ma se invece gli interventi sulla macchina sono a tutt’oggi vietati, forse dovrebbero esserlo fino in fondo. La Fia dovrebbe perciò dire ai team: “La mappatura con cui ti sei qualificato dovrai usarla anche in corsa; se il motore non regge, peggio per te. La prossima volta ne scegli una meno estrema”.

Il problema è che “congelare” le mappature e verificarle è complicato perché la Fia ha un accesso limitato all’elettronica delle squadre. Ogni team ha numerosissime mappature precaricate nella propria centralina perché è previsto un set up di funzionamento motore per ogni condizione di gara. Perciò verificare che un team usi in gara proprio quella impiegata in qualifica non è una cosa semplice. Le righe di codice contenute nella centralina non si controllano a vista come si fa con una gomma ultrasoft. Però in passato la Fia ci ha abituato a ben altri controlli “impossibili”.

Poi c’è una seconda considerazione in fondo a questo discorso. Una questione chiamiamola filosofica. La F1 sta diventando sempre più costosa e Liberty Media sta disperatamente studiando una soluzione per ridurre i costi per i team. Una delle idee è quella di orientare in futuro la F.1 verso un concetto del tipo: hardware uguale per tutti, ma software libero. Che in parole povere significa: standardizziamo le parti fisiche della F.1 (e cioé ali, cambi, turbocompressore, pezzi in metallo del motore e in carbonio della vettura) che sono le componenti più costose da produrre; poi invece liberalizziamo la fantasia e l’inventiva dei tecnici nell’elaborare software creativo perché quello non rappresenta un costo elevato per i Costruttori. Così anche un team di secondo piano, se ha ingegneri svegli, può giocarsela contro la Mercedes perché la fantasia e l’inventiva non si comprano con i soldi.

In base a questa visione, la differenza in futuro non la farà più il possesso di strumenti costosi per lavorare i materiali, come succede fino ad oggi, ma la genialità dell’uomo nell’escogitare idee brillanti. Ma a questo punto il dilemma di proibire le mappature da qualifica diventa in antitesi con la visione futura “hardware uguale per tutti ma software libero”.

Qui mi fermo e vorrei sentire il vostro parere. Qual è la strada giusta per la F1 di domani secondo voi?

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