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VALGONO DI PIU’I 5 TITOLI DI LEWIS O QUELLI DI FANGIO?

La risposta non è facile. Troppe le differenze. Juan Manuel Fangio ha raggiunto il traguardo dei cinque titoli iridati sessantuno anni prima di Hamilton, l’8 settembre 1957 vincendo il GP d’Italia a Monza. Alla veneranda età di 46 anni che oggi sembra un’età inconcepibile per un pilota di F1. All’età in cui Hamilton ha vinto il suo quinto titolo iridato, 33 anni, Fangio non aveva nemmeno cominciato a correre in F1 perché c’era in atto la seconda guerra mondiale e la F1 come categoria non esisteva nemmeno. Il che è tutto dire.
Sono epoche diverse e sappiamo bene che in F1 non si possono confrontare piloti e imprese a decenni di distanza. È troppo diversa la tecnologia ed è troppo diverso lo sport stesso (e sono differenti anche i guadagni…). Una volta si disputavano molte meno gare rispetto ad oggi – pensate che Fangio ha preso parte ad appena 51 Gp in otto anni di attività F1 – e c’erano anche meno punti in palio. Il primo obiettivo dei piloti dell’epoca di Fangio non era vincere ma prima di tutto restare vivi, in un decennio che ha visto morire 38 corridori di F.1 e categorie sport nei modi più atroci.

Anche se Fangio ed Hamilton posseggono cinque titoli mondiali a testa, i 277,5 punti iridati raccolti dll’argentino in carriera fanno tenerezza a confronto di quelli di Hamilton. Lewis è il corridore che ha conquistato più punti iridati di tutti nella storia della F.1: è già a 2968 punti e prima della fine del mondiale potrebbe anche raggiungere quota 3000. Dieci volte più di Fangio e quasi il doppio di quelli di Schumacher. Però il sistema di assegnazione punti è cambiato drasticamente: all’epoca di Fangio si davano 8 punti al vincitore di un GP (e prendeva punti anche l’autore del giro veloce); oggi se ne danno 25. Perciò è un confronto improponibile. Ma entrambi, Hamilton e Fangio, sono stati accomunati da un paio di cose: hanno vinto tutti e due con una Mercedes (anche se Fangio poi cambiava Costruttore ogni anno inseguendo sempre la macchina migliore). E tutti e due hanno avuto un compagno di squadra disposto a sacrificarsi per loro pur di farli vincere. Nel caso di Fangio fu Peter Collins, che gli cedette macchina e vittoria a Monza nel GP d’Italia del 1956; nel caso di Hamilton è stato Bottas che si è sacrificato due o tre volte quest’anno pur di consentire a Lewis di guadagnare punti pesanti per la classifica iridata.

Però se proprio vogliamo analizzare i freddi numeri, alcuni di questi danno ancora ragione a Fangio in qualche statistica: perché anche se il fuoriclasse argentino ha conquistato in carriera soltanto 24 GP a dispetto dei 71 di Hamilton, il suo rapporto fra corse disputate e vittorie è deflagrante. Fangio ha vinto praticamente la metà dei GP in cui ha preso il via: 24 trionfi su 51 gare. Una media-vittorie impressionante la sua: il 47%. Hamilton, con 71 successi su 227 Gp, ha la media più elevata della F.1 moderna: il 31% di vittorie su gare disputate. Una proporzione migliore anche di quella di Schumacher la cui media-vittorie (29,6%) è stata “guastata” dagli ultimi anni a secco in Mercedes. Però Hamilton non ha raggiunto la media vittorie di Fangio e nemmeno quella di Jim Clark, altro asso del passato (35% di vittorie). Lewis però è a tutti gli effetti il dominatore di questo decennio in F1: ha infranto i record precedenti di Vettel e ormai, eguagliato Fangio, gli rimangono solo due obiettivi: raggiungere le 91 vittorie di Schumacher e i suoi 7 titoli iridati. Per un Hamilton ancora in piena forma, a 33 anni, quei due traguardi non sembrano nemmeno così lontani e impossibili come pareva fino a ieri.

PERCHE’ LA RED BULL E’ SEMPRE COSI’ SUPERIORE IN MESSICO?

Perché si corre su un circuito a 2000 metri di altitudine dove l’aria è quindi più rarefatta. In Messico a quell’altezza la densità di aria è del 25% inferiore rispetto al livello del mare. Questo vuol dire che l’aria “pesa” di meno, per dirla in modo semplice. Genera meno pressione. Quindi una monoposto come la Red Bull, che genera un elevato carico aerodinamico dal corpo vettura rispetto alle avversarie, risulta avvantaggiata. La Red Bull, infatti, per avere buona deportanza sfrutta molto il corpo vettura e meno gli alettoni. Al contrario delle altre F.1 che, invece, puntano più sulla ali per generare downforce.

Mentre la deportanza che si genera col corpo vettura è frutto di risucchio (l’aria scorrendo sotto il fondo risucchia a tera la monoposto), la deportanza che viene dalle ali è frutto di pressione: l’aria che colpisce le ali schiaccia giù la macchina. Poiché l’aria è più rarefatta, lo schiacciamento garantito dall’aria che investe gli alettoni è molto inferiore; mentre il risucchio ha eguale forza rispetto allo stesso fenomeno che avviene a altezza del mare.

VETTEL SE NON CAMBIAVA LE GOMME POTEVA BATTERE MAX?

Secondo Jacques Villeneuve la Ferrari ha sbagliato a eseguire un secondo pit stop su Vettel per montare le ultrasoft. Seb doveva andare avanti con le supersoft (come ha fatto Raikkonen) e così avrebbe potuto forse raggiungere e superare Verstappen. La riprova non l’avremo mai, però ragionandoci a freddo è difficile pensare un epilogo del genere. Vettel al momento del secondo stop era staccato di 11”7 da Verstappen e mancavano 24 giri alla fine. Grazie a un pit stop velocissimo in 2”1 e ad un giro di ripartenza lampo, aveva ridotto il gap a 8”. Ma non è mai andato oltre. Se non avesse cambiato gomme e fosse rimasto conm le SS come Verstappen fino al traguardo non avrebbe mai raggiunto la red Bull. Basta vedere il passo che ha potuto tenere fino al ritiro Ricciardo nonostante montasse gomme con 50 giri sulle spalle.

La realtà è che la Ferrari sperava in un calo di gomme sulla Red Bull che non si è mai verificato. Quel secondo stop di Vettel è stata una mossa aggressiva e disperata per cercare di alterare lo status quo e sfalsare il tipo di gomme rispetto a Verstappen nella speranza di poterlo attaccare nel finale sperando in un calo delle sue gomme. Ma senza degrado alle Pirelli della Red Bull n.33 non avrebbe mai funzionato. In un caso o nell’altro. Come si è visto.

PERCHE’ I CERCHI FORATI DELLA MERCEDES NON SAREBBERO LEGALI?

Una delle norme tecniche più conosciute della F.1 dice che sono proibiti i dispositivi aerodinamici mobili. Una norma che serve a impedire l’uso di alettoni semoventi. Ma anche un mozzo ruota che gira diventa un dispositivo mobile se lo su usa a scopo aerodinamico. Per questo anni fa alla Red Bull fu proibita una soluzione simile con mozzi “soffianti”. Nel caso della Mercedes però non è il mozzo a essere forato, ma il cerchio (e anche il relativo distanziale). Ma si può davvero proibire l’esistenza dei fori su un cerchio? Certo che no: sono fatti tutti così. Nel caso della Mercedes però è forato anche il distanziale fra cerchio e gomma, ed è qui l’ambiguità che fa discutere.

PERCHE’ LA FERRARI NON HA FATTO RECLAMO?

Perché non è assodato che siano illegali. La Ferrari ha inoltrato una richiesta di chiarimento alla Fia per capire se la soluzione Mercedes violasse o no le regole. A volte il confine tra prova di ingegno e imbroglio diventa molto labile. Nel caso dei cerchi forati Mercedes si trattava di capire se la soluzione fosse una idea furba o troppo estrema. Ma la risposta Fia non è mai arrivata. La Fia, insomma, ha deciso di… non decidere, lasciando la scelta gara per gara ai commissari tecnici locali di ogni Gran Premio. Che ne sanno certo di meno dei tecnici federali. Infatti nelle ultime due corse hanno preso decisioni opposte: in USA li hanno dichiarati non conformi, in Messico erano stati accettati. Anche se la mercede non li ha usati.

PERCHE’ LA MERCEDES NON LI HA IMPIEGATI IN GARA?

Per evitare polemiche. Ma guarda caso, dopo la striscia di quattro vittorie consecutive in Italia, Singapore, Russia e Giappone dove i cerchi forati erano stati impiegati, proprio nei due Gp senza questa soluzione la W09 è tornata a soffrire di gomme. Difficile credere si tratti solo di una coincidenza.

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