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Nei giorni del GP del Belgio a Spa non si può non pensare al fatto che proprio sulla pista belga 25 anni fa, nel 1991, debuttò in F1 Michael Schumacher. Lo hanno scritto e ricordato in tanti. Ma io quel giorno ero là, ho vissuto quel debutto, ho assistito a quel week-end che ha contribuito alla nascita di una stella e voglio raccontarvi alcuni aneddoti poco noti su quei giorni. E sulle complesse trattative che portarono Schumacher in F1 prima con la Jordan e 15 giorni dopo sulla Benetton. Episodi oggi in parte dimenticati dopo i tanti campionati del mondo vinti e la tragedia che sta condizionando la flebile esistenza del pilota tedesco. Ma episodi che all’epoca fecero scalpore perché inaugurarono in F1 la guerra a suon di contratti stracciati.

In più c’è una seconda considerazione da fare sul debutto di Schumi. Ricordate il film Sliding doors, dove si giocava sugli scherzi del destino e la storia si dipanava prendendo due scenari molto diversi fra loro a seconda del fatto che la protagonista (Gwyneth Paltrow) riuscisse oppure no a salire sulla metropolitana varcando le porte scorrevoli (le famose sliding doors) che si stavano chiudendo davanti a lei?
Beh, la storia sportiva di Schumacher che conosciamo oggi poteva prendere una piega molto diversa se in quel GP F1 di Spa 1991 la corsa fosse terminata in un altro modo.

Schumacher ai tempi in cui correva in Endurance con la Mercedes 291 gr. C

  

Il debutto di Schumacher in F1 non era pianificato in quel 1991. All’epoca Michael era pilota e pupillo Mercedes nel mondiale gruppo C (le attuali gare Endurance) dove guidava la seconda auto ufficiale con Wendlinger. Era veloce ma non si era messo particolarmente in luce in un campionato che era a squadre e non per singoli piloti. Tanto che l’italiano Teo Fabi, suo avversario con la Jaguar nel mondiale gr. C che proprio nel 1991 avrebbe vinto il campionato del mondo Endurance, espresse poi sorpresa per gli ottimi risultati di Schumi in F1 sostenendo che invece con i Prototipi il giovane tedesco non andava più forte di Jochen Mass, un veterano ormai a fine carriera e poco motivato.

Schumi ottenne l’occasione della vita — il debutto in F1 — quasi per caso. Successe che uno dei due piloti della Jordan, il belga Bertrand Gachot, nei giorni di ferragosto si fece arrestare per una bravata. Dopo una litigata con un tassista a Londra spruzzò un liquido urticante in viso all’uomo e il giudice inglese, inflessibile, non multò soltanto il pilota belga ma lo condannò ad alcuni giorni di carcere. Che gli fecero saltare il GP del Belgio di fine agosto.

Eddie Jordan si mise in caccia di un secondo pilota per sostituire Gachot e il furbo Willy Weber, già allora manager di Schumi, propose il suo pilota a Jordan. Il proprietario del team irlandese, che già allora speculava su ogni cosa, chiese 300mila dollari per far salire il giovane Schumi sulla sua F1 a Spa. Soldi che tirò fuori volentieri la Mercedes, pur di aiutare il suo pilota junior. Anche perché il marchio tedesco aveva in mente obiettivi a lungo termine che più tardi esamineremo.

Eddie Jordan con il 22enne Schumacher a Spa

A sua volta, il manager di Schumi, Willy Weber, si vendicò della richiesta economica di Jordan imbrogliando il team manager irlandese. Quando Jordan chiese a Weber per curiosità se il suo pilota conoscesse la pista di Spa, lui gli rispose: “Certamente”. Sottolineando che era praticamente il suo circuito di casa in quanto il giovane tedesco viveva a Kerpen, in Germania, che distava solo poche decine di km da lì. Così Jordan si tranquillizzò. Ma il furbo manager non aggiunse che Schumi conosceva il circuito solo da… spettatore. Non ci aveva mai corso. Perché nel 1990, quando il mondiale Endurance fece tappa proprio a Spa, Schumi che era pilota Mercedes, saltò proprio per caso quella gara.

Comunque sia, a Spa il debutto di Schumacher con la Jordan ha del clamoroso. Inizia con l’11° tempo in prova il venerdì. Poi al sabato stabilisce il settimo tempo in qualifica a 3″4 da Senna in pole, mettendosi alle spalle molti piloti esperti fra cui Capelli, Martini, Brundle, Herbert, Patrese e soprattutto il suo compagno di squadra in Jordan: l’italiano Andrea de Cesaris. Pilota all’epoca ancora velocissimo e molto esperto. Poi Schumi segna addirittura il quarto tempo assoluto nel warm up del mattino. Si prefigura insomma una gara da urlo per il giovane tedesco.
Ma poi in gara, dopo un gran partenza in cui Schumacher guadagna subito due posizioni scavalcando Alesi e spostando aggressivamente Piquet nell’erba, piazzandosi quinto, il tedesco si ritira quasi subito. Dopo due km la sua Jordan si ferma sul rettifilo del Kemmel con la frizione rotta. Probabilmente Schumi l’aveva sollecitata troppo in partenza sfrizionando in quello scatto superbo.

L partenza di quel GP Belgio 1991 a Spa: Schumacher è tra i primi indicato dalla freccia

I giri veloci in prova del tedesco, su una pista che da sempre è considerata l’università della F1, accendono l’interesse dello scaltro Flavio Briatore, manager della Benetton, che con un colpo d’astuzia alla vigilia di Monza mette sotto contratto Schumacher per le gare successive spiazzando Eddie Jordan che non aveva mai formalizzato il suo rapporto con Schumi con un vero contratto. Briatore licenzia anche senza tanti complimenti il suo secondo pilota, il brasiliano Roberto Moreno, per far posto a Schumi in squadra. Da lì, con un quinto posto a Monza, la carriera di Schumacher decolla e prende la piega che conosciamo oggi.

La storia di Schumacher sarebbe potuta andare diversamente se in quel famoso GP del Belgio non si fosse rotto il motore dell’altra Jordan. E qui torna il tema del destino e delle Sliding doors. A vincere quel GP Belgio fu Ayrton Senna, cosa che non faceva notizia perché in quel 1991 vinceva tutto. Ma fino a tre giri dalla fine in quella gara al secondo posto assoluto c’era proprio l’altra Jordan, quella di Andrea de Cesaris. Che ruppe il motore proprio a 20 km dall’arrivo perdendo la possibilità di andare a podio sicuro.

 

La Jordan del 1991, nonostante un motore V8 Ford versione “clienti”, meno potente di Ferrari e Honda e anche del V8 Ford ufficiale montato sulle Benetton, in certe circostanze era però velocissima. Aveva un’aerodinamica efficiente e grande deportanza. Qualità che sulle piste con curve veloci – proprio come Spa – facevano una gran differenza. Un po’ come la Red Bull di oggi. Proprio queste doti permisero a De Cesaris, dopo una qualifica deludente, di superare in corsa i dieci piloti davanti a lui, fra cui le Williams di Patrese, la McLaren di Berger e la Benetton di Piquet, e insidiare da vicino Senna in testa, che aveva problemi al cambio della sua McLaren. Il ritiro finale di De Cesaris permise a Senna, col cambio ormai a pezzi, di resistere al comando. Ma se il motore della Jordan non si fosse rotto e il pilota italiano fosse andato a podio o meglio ancora, avesse superato nell’ultimo giro Senna approfittando dei suoi guai e fosse andato a vincere la corsa?

Con i “se e i “ma” non si fa la storia, questo è vero. Ma con il concetto delle Sliding doors, proviamo per gioco a riscrivere il finale della corsa in altro modo.
Il motore Ford della Jordan di De Cesaris, invece di cedere a tre giri dalla fine, resiste e il pilota romano sale sul podio. Il suo exploit ridimensiona indirettamente quello del compagno di squadra Schumacher. Molti cominciano a pensare che le incredibili prestazioni del tedesco in prova non siano soltanto merito del suo talento, ma anche di una monoposto che si sposa alla perfezione con quel circuito. Così Briatore non si fa impressionare e non approccia Schumacher, che finisce la stagione con la Jordan. E resta pure nel 1992 con il team irlandese che però sostituisce (per soldi) il motore Ford con il V12 Yamaha. Motore che alla prova dei fatti si rivela scadente per cui pilota e team nella stagione successiva non cavano un ragno dal buco. E come ebbe a dire Schumacher proprio nel 1991: “Senza la macchina giusta e senza il giusto team, in F1 si fa poca strada”, la carriera di Schumi ne esce compromessa.

Schumacher a Spa transita sulle scritte ineggianti a Gachot, il pilota che ha sostituito sulla Jordan F1

In realtà non sarebbe successo nemmeno questo. Perché a volere fortemente Schumacher al debutto in F1 con la Jordan e poi a spingerlo verso la Benetton non è stato il destino, ma la Mercedes. Che faceva correre Schumi in Endurance ma era affascinata dall’idea di favorire la carriera in F1 di un pilota tedesco per creare attenzione attorno al motorsport nel proprio paese. È stata la Mercedes a pagare i 300mila dollari chiesti da Jordan per far debuttare Schumi a Spa; è stata la Mercedes a decidere di spostare il suo pilota alla Benetton prima del GP d’Italia di Monza. Solo generosità verso un connazionale? Non solo. Mercedes stava progettando un motore F1 che sarebbe potuto finire sulla Benetton al posto del Ford nel 1994 quando sarebbe scaduto il contratto che legava Benetton al motorista americano. Così al volante di una F1 italo-anglo-tedesca ci sarebbe stato un pilota tedesco. Ma in questo caso veramente le Sliding doors non si sono aperte. E Schumi su una F1 motorizzata Mercedes ci è tornato soltanto 19 anni dopo. Ma questa è un’altra storia.

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