Dopo l’articolo che è apparso nel sito Red Bull ho voluto scrivere una specie di lettera aperta a Giorgio Terruzzi, amico e collega che conosco da tanti anni. Senza rancore ma in amicizia. Eccola.
Caro Giorgio,
mi dispiace dirtelo ma, come si direbbe da noi in Emilia, stavolta per me hai “pisciato fuori dal vaso”. I tanti anni che abbiamo passato in giro assieme sui circuiti di mezzo mondo per seguire la F1 ti hanno reso troppo prevenuto verso le categorie cosiddette “minori”. Voglio dirti in tutta franchezza che Endurance e F1 sono sì due mondi diversi, diversamente spettacolari, ma non è vero che la prima sia automaticamente peggiore.
Come te anch’io ho visto (da casa) tutta la 6 ore di Portimao ma devo dire che mi ha annoiato meno di lunghe fasi dell’ultimo GP a Melbourne. Che si è vivacizzato soltanto quando hanno esposto le bandiere rosse, raggruppato le macchine e dato nuove ripartenze. D’altronde ci sarà un motivo per cui Liberty Media lotta per cambiare la formula e imporre gare brevi al posto del lungo GP da 300 km? Proprio perché si è resa conto che altrimenti il GP senza imprevisti dopo pochi giri diventa noioso.
Ma che vuol dire noia? Che è uno spettacolo sufficientemente vivace da tenere attaccati alla tv i “nuovi tifosi”, quelli arrivati alla F1 da TikTok e dai social, quelli che hanno la soglia d’attenzione che non supera il minuto che dura un reel su Instagram? beh grazie di quegli “appassionati” le corse ne farebbero davvero a meno perché sono come la classica bolla della new economy: prima o poi si sgonfierà.
Voglio invece dirti che l’Endurance è una categoria per palati più raffinati. Per i veri appassionati di corse automobilistiche. Per quei Piloti con la P maiuscola che io e te abbiamo imparato ad apprezzare negli anni che andavamo sui circuiti a vedere le sfide Senna-Mansell-Prost-Piquet. L’Endurance è come una complessa partita a scacchi dove sposti le tue pedine poco alla volta e comprendi soltanto alla fine lo schema di come si è sviluppata la partita e capisci se può darti la vittoria o la sconfitta.
La F1 invece è uno sport che vuole consumato tutto e subito a suon di finti sorpassi col Drs e colpi proibiti. Altrimenti diventa una lunga penosa processione. Vieni a Le Mans una volta e ti renderai conto della differenza.
Ma qual è spettacolo e quale no? Io dico che spettacolo non è necessariamente il duello ravvicinato. Sennò dovremmo dire che la F1 è nettamente meno spettacolare delle gare di kart, del motocross, della motoGP e di tutte quelle categorie dove i duelli sono davvero ruota a ruota perché c’è più equilibrio di piloti e mezzi meccanici.
A volte si fa l’errore di valutare come “spettacolo” il pit stop delle F1 con diciotto uomini che ruotano freneticamente attorno alla monoposto per cambiare le gomme e farla ripartire in 2 secondi e mezzo mentre nel WEC tutta l’operazione sembra dannatamente lenta e ci vuole un minuto e mezzo per completarla. Ma è un modo diverso di intendere le gare. Più a misura d’uomo. Nel WEC sono soltanto in due a cambiare le gomme, girano attorno alla macchina di qua e di là e lavorano freneticamente pure loro. Semplicemente le regole sono scritte diversamente per apprezzare anche il gesto del singolo, non di una equipe numerosa.
I personaggi? Beh, ovvio che carismaticamente i due mondi sono differenti. Ma semplicemente perché la F1 e Netflix hanno reso celebri tutti, persino Albon e Stroll che altrimenti non si filerebbe nessuno. Invece il livello medio dei piloti Endurance è altissimo, sia tra le hypercar che tra le LMP2. Magari la F1 vantasse quel’eguaglianza delle prestazioni che hanno le vetture GTE dove il duello per la vittoria è stato in ballo per sei ore fino all’ultimo rettifilo. Magari in F1 fossero così difficili i sorpassi invece di essere snaturati dal Drs.
E infine la complicazione di correre con vetture veloci in mezzo a macchine lente come le P2 e le GTE non è un’anomalia, ma è una sfida nella sfida che fa parte dell’essenza di quel tipo di gare. Il pilota bravo è anche quello che sa prendersi più rischi nei doppiaggi.
E poi, se vogliamo dirla tutta, ci sono altrettanti costruttori veri – intendo dire di quelli che costruiscono automobili – nel WEC quanto in F1: da una parte Ferrari, Mercedes, Alpine, Aston Martin e McLaren. Dall’altra Toyota, Porsche, Ferrari, Peugeot, Cadillac. Solo che nel WEC tempo un anno e dovremo aggiungere al conto pure Lamborghini, Honda-Acura, BMW e Alpine. E il rapporto penderà a favore delle ruote coperte.
Qui l’articolo di Terruzzi sul sito redbull.it
https://www.redbull.com/it-it/terruzzi-racconta-f1-endurance-alternativa-assente?fbclid=IwAR21pkZUjkPjsUo8ay6HrsjJOwdjtGoNTZCJZn9vjeCz2LELcTdN45TiIZg
Magari l’avrà scritto sbrigativamente, in una forma un po’ zoppicante -mi rendo conto del sacrilegio che sto compiendo, io essere qualunque, nel muovere critiche alla scrittura di un mostro sacro qual è Terruzzi!- , però un paio dei suoi rilievi mi sembrano del tutto pertinenti.
Quanto Terruzzi scrive che “il format F1, con le sue tempistiche e il suo tasso agonistico (…) ha ormai definito una consuetudine motoristica connessa alla velocità dominante che caratterizza la nostra cultura”, sta solo mettendo nero su bianco -purtroppo è così- una sacrosanta ovvietà; e il pubblico più giovane, cresciuto nel pieno di una cultura del genere, difficilmente potrà amare o anche solo apprezzare qualcosa come l’endurance, qualcosa che non possa essere immediatamente instagrammabile/tiktokkabile. Magari questo vorrà dire che la cultura preponderante -fatta di spettatori, non di appassionati- , tutta indirizzata verso la velocità delle Sprint, lascerà campo libero nell’endurance ai ‘veri’ appassionato delle quattro ruote… quelli di cui Liberty Media, lo sta dimostrando, non sa cosa farsene. Ma in questo scenario l’endurance sarebbe per l’appunto una ‘alternativa’ alla F1, non certo una ‘rivale’ capace anche solo d’impensierirla; e non sarei neanche sicuro possa essere la ‘prima’ alternativa – vedi una Formula E molto più simile a un videogioco…
Dove invece trovo che Rerruzzi abbia ragione al 100%, è quando scrive che nell’endurance “mancano i protagonisti” e che “credo serva qualche ritocco (…) qualche campione più amato e noto”. Nell’endurance dei bei tempi, quello che spesso si prendeva i titoli a scapito proprio della F1, era l’endurance di Andretti, Ickx, Beltoise, Merzario, Pironi, Patrese… gente che saltava da una F1 a una a ruote coperte, viceversa e tranquillamente. Negli ultimi anni, solo Alonso ha provato a rinverdire (a metà…) un certo passato. Non dico Verstappen debba correre una domenica in F1 e l’altra nel WEC… però rimane il fatto che Verstappen lo conosce pure mia madre 😀 mentre se chiediamo al primo che passa chi guida (anche solo un Buemi…) le Toyota che stanno dominando l’endurance, io m’immagino una bella scena muta. Purtroppo è così.
Nell’Endurance vengono prima le marche automobilistiche e soltanto dopo i piloti. Vince la Ferrari, non vince solo Giovinazzi o Pier Guidi, come negli anni scorsi ha vinto la Toyota non Alonso. I piloti hanno un ruolo primario in pista ma secondario nelle notorietà rispetto all’auto perché è un campionato Costruttori; infatti la classifica riporta la vettura non i piloti. In F1 avviene il contrario ed è giusto così. È un campionato che premia i piloti e perciò loro sono diventati i più famosi. Nell’Endurance è l’opposto. Credo che tua mamma oltre a conoscere Verstappen conosca altrettanto nomi come Ferrari, Toyota e Porsche. Quindi conosce comunque i protagonisti dei due campionati. Che siano piloti o automobili.
Un po’ come nella musica: ci sono gli artisti “solisti” che tutti conoscono, come Vasco Rossi, Bruce Springsteen e così via. E poi ci sono i gruppi come i Pink Floyd, i Coldplay per dirne due. Famosissimi di cui però i non sfegatati fra gli appassionati non è detto conoscano i nomi dei singoli componenti.