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La Ferrari ha perso il GP Messico perché ha pasticciato con le strategie. Ma l’aspetto più triste della F1 di oggi è che è sempre di più una Formula Gomme. È troppo esagerata la percentuale d’importanza degli pneumatici ai fini del risultato finale. In Messico la Mercedes ha vinto perché ha scommesso sulla durata delle gomme hard, le bianche, le più dure, di cui nessuno dopo le prove libere del venerdì si fidava perché sembrava non fossero efficienti alla distanza. Invece Hamilton e la Mercedes hanno avuto il coraggio (o la spregiudicatezza) di usarle presto e ci hanno coperto ben 48 dei 71 giri di gara. 

Come e perché la Mercedes sia arrivata a scegliere quelle gomme che non davano certezze e per quale motivo invece la Ferrari le ha scartate ve lo racconto qui di seguito. 

Venerdì soltanto pochi piloti hanno usato le gomme dure (che sono le C2 della gamma Pirelli): per la precisione Raikkonen, Perez, Stroll, Ricciardo, Kvyat e Kubica. Oltre a loro anche Bottas, che ha coperto ben 22 giri con le bianche di cui 12 di seguito per simulare il funzionamento in assetto-gara. La Ferrari invece non le ha proprio montate, preferendo impiegare soltanto soft e medie (con le gialle Vettel ci ha fatto 25 giri simulando su 17 giri il suo GP).  

Quindi la Mercedes ha impiegato in gara le gomme dure perché le aveva provate ricavando un certo numero di informazioni, la Ferrari no. In Ferrari non si fidavano di quelle mescole dure perché nelle loro simulazioni del venerdì non si erano dimostrate affidabili. Ma come è possibile questo se come abbiamo visto né Vettel né Leclerc le hanno realmente montate? Perché la Ferrari usa un approccio diverso da Mercedes per collaudare nelle prove libere gli pneumatici. Mentre la Mercedes le monta realmente e ci copre parecchi giri con uno dei piloti, il team di Maranello per risparmiare tempo prezioso in prova, impiega solitamente le gialle che hanno una costruzione simile; poi alterando tramite un algoritmo certi valori di rendimento della mescola media riesce a simulare in modo piuttosto efficace il potenziale comportamento delle bianche e ottenere così un’idea precisa del rendimento della gomma dura. 

Anche in Messico Ferrari ha agito in questo modo. E sulla base della simulazione virtuale la risposta è stata negativa. Le bianche non sarebbero risultate efficienti sulla SF90. In realtà anche Mercedes, che le ha fisicamente impiegate sulla W10 nelle libere, aveva avuto responsi negativi. Ma poi ha rischiato lo stesso l’azzardo in gara perché nel frattempo aveva compiuto modifiche di assetto sull’auto. E sopratutto perché alla domenica la temperatura era salita di 8 gradi rispetto al venerdì e quelle gomme dure che al freddo delle FP2 non si scaldavano e non garantivano grip, con il caldo della domenica sono diventate improvvisamente efficienti. Cogliendo in contropiede la Ferrari.

Evidentemente tra fare davvero un test di gomma e simularlo semplicemente con un’altra mescola ci deve essere qualche differenza. Come i fatti hanno dimostrato. In Ferrari le simulazioni in precedenti occasioni hanno sempre funzionato, ma l’esperienza del GP Messico è la dimostrazione che la realtà “vera” in certi casi supera quella virtuale. E forse è bene non fidarsi fino in fondo.

Il bello è che in gara la strategia più veloce suggerita dalla Pirelli prevedeva 2 soste per cambio gomme coprendo i primi stint con le gomme gialle e affrontando lo stint finale con gomme bianche. Esattamente quello che ha fatto Leclerc che ha perso la leadership! E la strategia più lenta, da cui il gommista metteva in guardia, era invece quella con un solo pit stop partendo con le gialle per sostituirle dopo il 25° giro con le bianche. Esattamente quello che ha fatto Hamilton per vincere!

Le strategie raccomandate da Pirelli per la gara

Detto questo, c’è da fare un’altra considerazione. Vi sembra giusto che una F1 iper-tecnologica come quella odierna, con motori ibridi, recuperi di energia, propulsori elettrici, frenata a controllo elettronico, aerodinamica sofisticatissima e quant’altro, debba dipendere per il risultato non dalla qualità della monoposto o dalla bravura del pilota, ma quasi soltanto dall’efficienza di una gomma? A me no. Gli pneumatici dovrebbero essere neutri; semplicemente una delle componenti di un’auto. Come il motore, telaio, aerodinamica. E dovrebbero permettere al pilota di spingere al massimo del suo ritmo. Non costringerlo ad andare piano per 30 giri per farli durare.

Con quel rettilineo lunghissimo che favoriva le scie, il GP messicano avrebbe potuto essere la fiera dei sorpassi e del duelli in staccata all’ultimo sangue. Risultare altamente spettacolare sul piano sportivo.  Invece di duelli in staccata ne abbiamo visti due soltanto. E per un giro appena: quello fra Hamilton e Verstappen al primo giro e quello fra Ricciardo e Perez nel finale di gara. Pensate che bello se tutto il GP del Messico fosse stato esaltato da sfide simili, che sono poi quelle che gasano e stimolano i piloti i quali sono degli attaccanti nati che si divertono ad osare oltre il limite e si annoiano invece a guidare da taxisti.

Invece è stata una gara tattica, dove tutti, a parte quel caotico primo giro, andavano di passo (lento) per evitare il graining e conservare per l’intera gara gomme che si temeva non sarebbero durate abbastanza. Questo è un male per la sportività della F1 e per lo show.

È evidente che la gomma sia da sempre la componente decisiva per la performance di una macchina da corsa. La potenza passa per di lì. Ricordate la pubblicità della Pirelli di tanti anni fa con il centometrista Carl Lewis in tacchi a spillo? Il claim recitava: “La potenza è nulla senza controllo”. Ed è vero. La potenza dell’automobile passa per gli pneumatici. Puoi anche avere mille cavalli nel motore come le F1 ibride di oggi, ma sono le gomme che te li fanno scaricare a terra quando pesti sull’acceleratore. Se la superficie della gomma scivola oppure si appiccica all’asfalto, fa una bella differenza. In un caso non trasmette la potenza a terra, nell’altro garantisce la massima spinta. E la performance della monoposto cambia dal giorno alla notte. 

Foto Pirelli/LAT Images

Però la gomma dovrebbe limitarsi a svolgere il suo ruolo sempre allo stesso modo: non diventare imprevedibile. Così finisce che questa Formula Gomme ci toglie lo spettacolo. Siccome la gomma è la componente più importante per la performance alla distanza, la regola del buon pilota di F1 è diventata andare piano e guidare cauto per farla durare di più. Fino a metà gara i primi viaggiavano sul passo di 1’20” e mezzo al giro, ovvero circa 5” più lenti delle qualifiche Q2 dove hanno usato le stesse gomme (gialle) per un singolo giro. Che spettacolo volete che diano dei piloti quando devono pensare ad ammorbidire la frenata per non strapazzare la superficie del battistrada, addolcire l’ingresso in curva senza strapazzare la macchina per non deteriorare lo pneumatico anzitempo, accelerare con cautela per non far surriscaldare le gomme posteriori e così via?

A me pare esagerato. Perché deve decidere tutto un pezzo tondo e nero di gomma? In fondo è uno dei mille componenti di una F1. Come motore, ali, sospensioni e così via. Dovrebbe incidere per il 10% massimo 15% nella performance complessiva, non per il 70-80% comune accade oggi. Dovrebbe avere più importanza la velocità della macchina e la sua potenza. E dovrebbe contare di più la bravura di guida del pilota, la sua determinazione; quello che gli inglesi chiamano “skill”, cioé la sua abilità e la voglia di prendersi dei rischi oltre il limite. Non la bontà di un composto chimico fatto di gomma, fili metallici, kevlar, nerofumo e derivati del petrolio.

Questa F1 sulla maggior parte dei circuiti è troppo dipendente dagli pneumatici e ammazza il divertimento perché i piloti corrono come taxisti per tre quarti di gara invece di sprigionare il proprio estro nella guida. 

Io non so quale possa essere la soluzione migliore al problema, ma i tanti sapientoni del gruppo di Ross Brawn che dovrebbe partorire regole per migliorare lo show nei GP, invece di arrovellarsi a cercare di modificare l’aerodinamica delle monoposto del 2021 per dipendere meno dalla scia e garantire più spettacolo, dovrebbe invece chiedere alla Pirelli di sviluppare gomme diverse. Di che tipo? Non saprei dire quale possa essere la formula giusta. Però c’è un fornitore di gomme e c’è un organizzatore (Liberty Media): sono più adeguati loro a scegliere la soluzione ideale. L’importante è che la gomma non castri la performance del pilota in gara per tanti giri, non lo obblighi ad adeguarsi al suo passo, ma per netta al pilota di esprimersi al massimo elle sue capacità per tutti i giri.

Forse un’idea potrebbe essere quella di ridurre a due sole le mescole. Ma ben diverse nel comportamento. Una super soft che permetta ritmi da qualifica ma che duri solo un terzo di GP. E una durissima che viaggi almeno 2 secondi più piano ma che duri per l’intero GP senza peggiorare in prestazione. E poi abolire l’obbligo di più stop. Così ogni pilota sceglie una strategia di gara diversa: chi fa giri velocissimi e più soste, chi fa una gara alla distanza a passo più lento ma senza l’obbligo di perdere 20 secondi per il cambio gomme. 

È soltanto una proposta. Le altre idee sono bene accette. Qualcuno ha una proposta? Che ne pensate?

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