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Ci siamo illusi per sette mesi, poi da ottobre è apparso chiaro che né Vettel né la Ferrari avrebbero vinto questo mondiale F1. Adesso che Hamilton ha conquistato il quarto titolo mondiale ci resta il sapore amaro in bocca di un’occasione persa. Perciò la vera domanda da porsi è una sola.

Il titolo l’ha vinto Hamilton con la sua velocità, la sua forza e la sua determinazione o piuttosto l’ha perso Vettel a causa della sua guida fallosa e di qualche colpo di testa?

In Italia, tra i fan ma anche su certi giornali è partita, un po’ timidamente ma anche maliziosamente, una certa fronda nei confronti del tedesco della Ferrari. Si sta tentando di far ricadere esclusivamente sul pilota l’eccessiva colpa di un’illusione sfumata. Pure Marchionne ci ha messo del suo nel definirlo un emotivo. “Se non sapessi che è tedesco, direi che è del sud”, ha chiosato il presidente Ferrari.

Io dico subito che non la penso così.

A Vettel secondo me possiamo rimproverare un solo, unico, grave errore d’esuberanza. Gratuito e da condannare per le folli conseguenze che ha avuto, ma uno solo. E cioé la ruotata rifilata a Hamilton a Baku, in Azerbaijan in regime di safety car. Lì Seb ha perso davvero il controllo di se stesso e si è improvvisato giustiziere della notte e pure maldestro. Ma non dimentichiamo che in quel GP Vettel è arrivato comunque quarto; ha portato a casa 12 punti iridati contro i 10 di Hamilton. Certo, senza la scorrettezza e la penalità avrebbe probabilmente vinto viste le disavventure con il poggiatesta di Hamilton e ne avrebbe incamerati 25 di punti. Ma con quei 13 in più non avrebbe comunque conquistato il titolo. Oggi si troverebbe ora staccato di 43 punti invece che 56. Sai che differenza! Avrebbe semplicemente prolungato l’agonia, niente di più.

Molti hanno imputato a Vettel anche il crash in partenza a Singapore. Io invece continuo a pensare che quello non sia stato un errore di guida quanto un maledetto incidente di gara. Disastroso per le conseguenze di campionato ma impossibile da evitare. Perché è stato il risultato di eccessivo furore agonistico combinato da parte di tre piloti: Vettel, Verstappen e Raikkonen. Che doveva fare Vettel una volta scoperto di essere partito male? Sollevare il piede dal gas e farsi da parte? Andiamo, non esiste. Il dovere di un pilota – specie quello che parte in pole – è fare di tutto per difendere la posizione. Forte anche del vantaggio di poter impostare la traiettoria avendo lui diritto di farlo perché è davanti a tutti.

     

Se vogliamo dirla tutta, c’è anche un’altra considerazione: è vero che Vettel guida oltre i limiti quando è sotto furore agonistico e perciò a volte sbaglia o finisce per strafare. Ma se ammiriamo ed elogiamo certe sue vittorie o alcune rimonte da urlo proprio perché sono il frutto di quella prepotenza agonistica che lo pervade, dobbiamo anche accettare che a volte il delicato gioco dell’ ”o la va o la spacca” possa finire male. Come a Singapore.

Vittorie di prepotenza come quella in Australia con la difesa su Hamilton o quella del Bahrain, ma anche certi piazzamenti insperati come il 2° posto in Belgio in scia alla Mercedes o la rimonta da ultimo a 4° in Malesia e in Messico ci hanno esaltato? Bene, allora dobbiamo anche accettare che in certi casi Vettel, preda della medesima furia agonistica, possa lasciare qualche punto per strada perché spesso la differenza fra il sorpasso-capolavoro e l’incidente è sottile come la carta velina. Fa parte del calcolo delle probabilità. Non può sempre andarti bene. Se invece vogliamo la confortante sicurezza di una gara senza rischi, corriamo alla Raikkonen; ma poi dobbiamo essere consapevoli del limite al quale si può arrivare.

Penso perciò che sia ingiusto attribuire a Vettel la responsabilità di una sconfitta iridata che – purtroppo – a mio parere va equamente divisa fra vettura e pilota. Anzi è quasi più colpa della macchina che dell’uomo. Vettel ha fatto cilecca un paio di volte; la Ferrari si è rotta almeno tre volte sul più bello del campionato. Proprio quando era stato fatto il massimo sforzo per recuperare sulla Mercedes. Una volta hanno ceduto le gomme (Silverstone), un’altra volta il braccetto dello sterzo (Ungheria); in Malesia si è crepato il collettore di aspirazione (su entrambe le monoposto), in Giappone nella gara decisiva la candela. Non per difetto della candela stessa, ma perché si era cercato l’azzardo con una mappatura estrema che ha provocato autoaccensione nella camera di scoppio. Quelli sì che sono stati punti pesanti andati in fumo: e ben più numerosi di quelli sprecati per l’esuberanza di Vettel in Azerbaijan. Punti che non si possono regalare a un fuoriclasse come Hamilton.

Intendiamoci: non dico che Vettel valga Hamilton. Per me Seb, anche se più simpatico di Lewis, è comunque un pizzico inferiore come pilota. Ora poi che sono a tali iridati pari, emerge tutta la superiorità di Hamilton: più pole, più vittorie, più punti conquistati. Lewis per come ha guidato nel 2017 merita una standing ovation. Velocissimo in qualifica, impeccabile in corsa, spietato nei sorpassi. Ma chi critica Vettel ed elogia la guida perfetta di Hamilton dovrebbe anche porsi un dubbio: forse Lewis guidava al 95% del suo potenziale perché aveva fra le mani un’auto comunque velocissima. Quindi aveva un piccolo margine di sicurezza per evitare errori. Invece Vettel magari sfruttava la sua Ferrari al 105% per tenere il passo della Mercedes. E questo l’ha portato a strafare qualche volta di troppo. La riprova viene dalle prestazioni dei loro compagni di squadra. E si è visto quanto è stata superiore la W08 di Bottas rispetto alla SF70H di Raikkonen.

Sarebbe interessante sentire come la pensate voi.

1 COMMENTO

  1. Io sono d’accordo in parte sulla tua analisi.
    A Vettel è da attribuire una mancanza fondamentale di lucidità nel momento topico di una corsa che è la partenza e il passaggio indenne alla prima curva.
    Quante volte ha pregiudicato la sua gara in questi anni per eccessiva foga in partenza, coinvolgendo più volte anche l’incolpevole Kimi?
    A Singapore ha commesso un’enorme leggerezza: se fosse riamasto sulla sua linea avrebbe consentito a Kimi di sfilare Verstappen e bloccarlo, dandogli la possibilità di passare in testa pur avendo sbagliato la partenza.
    Nella gara precedente ha dato alettonate a destra e a manca a Max e a Lewis ruota alla prima curva, pur se a giochi ormai fatti.
    Se vuoi tentare di vincere un mondiale, specie in condizioni di inferiorità nei confronti del tuo avversario, perché diciamolo chiaro, pure se spocchioso, arrogante e a volte insolente, ma Lewis è più forte e talentuoso di Seb, ma anche di auto, anche se quest’anno il gap si era ridotto di molto, non puoi gettare al vento dei punti perché ti si chiude la vena e non riesci a vedere più in là del tuo naso!
    Poi è vero che questa sua caratteristica gli ha consentito di vivere giornate fantastiche, ma che non hanno mascherato le lacune di cui sopra, nè si sono dimostrate fondamentali per raggiungere l’obiettivo primario di essere campione del mondo.
    Forse i mondiali che ha vinto sono stati senza troppa pressione, troppo facili?
    Con questo lungi da me di attribuire a Vettel totalmente la responsabilità di un campionato perso, però rimango convinto che senza certe intemperanze avrebbe esercitato molta più pressione nei confronti di Hamilton e chissà cosa sarebbe potuto accadere.
    Magari certe manovre motoristiche estreme non sarebbero state eseguite, certe rotture evitate, chi può dirlo.
    Rimane il fatto, a mia opinione, che se vuole vincere questo benedetto mondiale con la Ferrari deve essere strategicamente più accorto.
    Fare come Marquez che, quando ha capito che certi suoi atteggiamenti erano sbagliati, è andato contro la sua indole di attaccante duro e puro, si è controllato, e pur con un mezzo non superiore alla concorrenza ha vinto.

    Antonio

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