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Me l’aveva detto Nico Rosberg in una intervista che gli avevo fatto per Autosprint prima dell’inizio del campionato . “Vedrai come scoppierà la rivalità fra Leclerc e Vettel dopo poche gare! Diventerà come quella Alonso-Hamilton ai tempi della McLaren”. Nico, che di rivalità interne che ne intende, sapeva bene cosa passa per la testa di un pilota giovane che ha fretta di arrivare al successo e di uno maturo che non è disposto a cedere la leadership che gli viene dal suo blasone di pluri-campione del mondo.

Puntuale, il contrasto tra i ferraristi sta esplodendo. Però a me, più che quella Alonso-Hamilton del 2007, l’episodio di questo ultimo GP Russia mi ricorda tanto quanto successe a Imola fra Ayrton Senna e Alain Prost nel 1989, nel corso del GP San Marino. E che decretò l’inizio di una rottura clamorosa che divise i due campioni di F1 per anni e anni. Fino al ritiro di Prost a fine 1993.

La staccata della Tosa al GP San Marino 1989 dove Senna incurante dei team order infila Prost che era in testa

Anche quella volta a Imola, come a Sochi domenica 29, c’era un patto imposto da Ron Dennis nel pre-gara tra i due piloti McLaren: chi fosse partito in testa avrebbe avuto il privilegio del comando e il compagno non avrebbe dovuto attaccarlo. Al primo via Senna partì meglio e il francese non lo attaccò. Ma dopo che la gara fu neutralizzata con bandiera rossa per l’incidente di Berger al Tamburello, Prost al restart scattò molto meglio di Senna al via e si trovò in testa al Tamburello; a quel punto non pensò a difendersi, convinto di essere nel giusto e di avere diritto alla leadership. Senna invece lo infilò in frenata alla Tosa fulminandolo con un sorpasso da brivido. Prost s’infuriò e disse che i patti erano stati violati. Senna invece sosteneva di essere dalla parte della ragione perché nella sua interpretazione “partire in testa” non voleva semplicemente dire muoversi per primo dalla griglia ma tenere il comando fino all’ingresso della prima curva. Nella sua visione l’ordine di squadra avrebbe avuto valore per chi esce in testa dalla prima curva, quindi la frenata della Tosa per lui era ancora “terreno di battaglia”. Da quella polemica sull’ambiguità del comando nacque una lite furibonda che ruppe per sempre l’armonia in McLaren e costrinse Dennis a afre i salti mortali per gestire due piloti che si sarebbero guardati in cagnesco per anni. Tutto perché la McLaren fu poco chiara nel dare regole d’ingaggio.

La stessa cosa, più o meno, è successa a Sochi tra i due ferraristi. Anche qui c’è stata un po’ di ambiguità nel decidere le tattiche nel pre-gara. L’obiettivo di Binotto e della sua strategia di partenza era di portare due Ferrari in testa al primo giro senza danni. Si voleva a tutti i costi evitare una frittata tipo quella Raikkonen-Vettel a Monza 2018 quando Kimi ostacolò Seb favorendo Hamilton, e che tante polemiche aveva scatenato a proposito di cattiva gestione dei piloti da parte di Arrivabene. La soluzione ideale di Binotto è sembrata quella di chiedere a Leclerc di tirare la scia a Vettel al via per permettergli di superare in allungo Hamilton. Il monegasco non avrebbe dovuto cambiare linea alla prima staccata per non rischiare di danneggiare Vettel a favore di Hamilton.

Invece che è successo? Una cosa che nemmeno in Ferrari avevano previsto nei vari scenari di simulazione. Che Vettel è partito così bene, ma così bene allo stacco frizione, da affiancare quasi subito Hamilton senza bisogna della scia. E poi ha approfittato della scia di Leclerc per superarlo già a metà rettifilo. Ben prima della staccata. In pratica in 400 metri Seb aveva riguadagnato gli 8 metri di distacco in griglia che aveva da Hamilton e anche i 16 che aveva da Leclerc. Una prontezza di riflessi al via degna di un centometrista come Usain Bolt. Leclerc, spaesato, non si è opposto al sorpasso pensando di riavere subito la posizione che gli spettava di dirtot in quanto poleman. E l’ha chiesto ripetutamente via radio. Lui il suo dovere dando la scia a Vettel senza chiuderlo alla prima curva sentiva di averlo fatto e ora voleva che i patti pre-gara venissero mantenuti. Proprio come Prost a Imola ‘89.

Vettel invece, come Senna trent’anni fa a GP San Marino, ha fatto un po’ il “furbetto” approfittando della situazione ambigua. Innescata anche dal fatto che la curva vera, quella con la prima vera staccata era la curva 2 e non la curva 1, che era una semicurva che si faceva in pieno e immetteva nella seconda parte del rettifilo. Vettel dopo il via ha detto chiaro via radio: “Io ero davanti in curva 1”. Siccome curva 1 è prima del lungo rettifilo dove si prende la scia, lui intendeva dire che aveva compiuto il sorpasso prima di quanto avrebbe dovuto farlo con l’aiuto della scia di Leclerc, quindi non gli sembrava giusto restituire la posizione perché l’aveva guadagnata sul campo di bravura e non con “l’aiutino”. Però ha anche aggiunto correttamente: “Ora sta a voi…”

Nel frattempo si è tenuto il primo posto e al box che gli chiedeva di cedere la posizione diceva: “Prima guadagniamo un po’ di margine sulla Mercedes…”. E poi: “Dite a Leclerc di venire più sotto sennò devo rallentare troppo…” E intanto spingeva come un ossesso per aprire il gap tra lui e l’atra Ferrari sapendo che tanto Leclerc, dietro di lui in aria sporca, non sarebbe riuscito a stargli abbastanza vicino.
Vettel insomma, ha fatto un po’ come quelli in autostrada che quando li stai per superare, invece di agevolarti, accelerano e ti mettono in difficoltà.

Il problema è che la Ferrari, proprio come Ron Dennis a Imola trent’anni prima, non era stata abbastanza chiara nelle disposizioni pre-gara e non aveva valutato tutte le possibilità. Magari c’è stata qualche ambiguità non chiarita sul concetto di “prima curva” se fosse curva 1 o curva 2, vallo a spaere perché nel briefing pre-gara nessuno di noi c’era. Ma di certo Leclerc era convinto di essere nel giusto, però anche Vettel si sentiva nel diritto di agire così.

Come Senna a Imola contestava il concetto di “partire in testa” dicendo che la frase contemplava anche la frenata della prima curva e non solo lo stacco dalla griglia, così Vettel la vedeva in quel modo. Dal suo punto di vista non ha approfittato della scia di Leclerc ma il sorpasso sia sulla Mercedes che sulla Ferrari n.16 se li era conquistati sul campo, di bravura e di forza, scattando meglio da fermo. Quindi a suo dire quello che è successo dopo, era “gara aperta” o giù di lì. E aveva tutto il diritto di attaccare Leclerc e non ridargli la posizione. E per ribadire la sua superiorità si è messo a tirare nei primi giri rifilando in breve oltre 3” a Leclerc che appariva meno veloce, facendo capire che era lui ad avere più ritmo nel piede. Come aveva fatto Senna a Imola.

C’è un motivo dietro il ritmo folle impresso da Vettel a inizio gara, così diverso da quello che tiene nei primi giri chi è in testa perché cerca di non stressare le gomme e risparmiare carburante. Come sa bene qualsiasi pilota, il modo più “furbo” per avere la scusa di non ridare la posizione al compagno, è quello di aumentare talmente il distacco che poi sarà il box stesso a dirti di non farlo più perché diventa controproducente per le tattiche di gara.

La Ferrari stessa si è resa conto di non essere stata perfettamente chiara nel decidere le priorità al via tanto che Binotto a fine corsa ha ammesso: «Dovevamo essere più chiari con i piloti prima della gara: miglioreremo». Per cui non si può gettare la croce addosso a Vettel se stavolta ha pensato a se stesso, anche perché in fin dei conti è stato meno scorretto di quanto fosse stato Leclerc in qualifica a Monza. E comunque la Ferrari lo ha “punito” ritardando il suo pit stop per privilegiare Charles.

Il problema però è che come capitò trent’anni fa a Ron Dennis, anche in Ferrari si sta aprendo un caso: la difficile gestione di due piloti velocissimi in modo diverso. Uno in qualifica, l’altro in gara. I quali, dopo il miele delle prime settimane, ora si guardano bene dal collaborare. Anzi, se possono si fanno qualche dispettuccio evidente perché tutti e due vogliono primeggiare a scapito dell’altro. Tutti e due hanno forti ambizioni personali per motivi diversi. Vettel non accetta il fatto di vedere il suo ruolo di “capitano” ridimensionato dall’allievo, Leclerc ha fretta di vincere e diventare la nuova giovane star della F1 scalzando Verstappen. Perciò entrambi non accettano tanto volentieri di dover cedere strada al compagno per rispettare le tattiche di squadra.

In più c’è la particolare attitudine di Leclerc di lamentarsi pubblicamente via radio per rivendicare il suo diritto alla leadership, manco fosse il primo pilota da contratto. Vettel è uno esperto e navigato, che ha l’intelligenza di non criticare apertamente le decisioni del team a suo svantaggio ma i panni sporchi sa come e quando lavarli in famiglia. Al massimo fa un po’ di velata ironia come quando via radio a proposito degli ordini di squadra in partenza aveva detto: “Forse mi sono perso qualcosa…”. Come dire: se la disposizione è ambigua, lui esegue solo la parte a lui favorevole. Leclerc invece, dall’alto dell’euforia dei suoi 21 anni, non si tiene dentro niente e parla troppo via radio. Facendo capire al mondo intero in ascolto che non è che regni esattamente armonia nella squadra. E il suo atteggiamento sta creando qualche problema in Ferrari che non vorrebbe discutere dei giochi di squadra così platealmente via radio davanti alle orecchie di tutti. E la Ferrari appare talvolta un po’ succube del suo giovane pilota che continua pubblicamente a protestare via radio con parole tipo: “Dovete spiegarmi…”. Quasi volesse far passare il messaggio di non venire rispettato.

Dietro l’aria timida e l’aspetto educato, Leclerc nasconde un caratterino tosto e niente affatto remissivo. L’impressione è che il Predestinato, come lo chiama Vanzini, si senta già il Privilegiato. Forse si sente tale perché ha dato due successi insperati alla Ferrari quando al stagione sembrava andare a rotoli e una striscia di quattro pole position consecutive di cui Maranello sotto sotto va fiera perché non accadeva da dieci anni. E evidentemente pensa pensi che chi fa la pole ha la precedenza in corsa. E che la squadra deve lavorare per lui. Non è così perché le corse di F1 sono divenute estremamente tattiche e Vettel, si è visto, tende a fare assetti per essere più veloce in gara che in qualifica. Al contrario di Leclerc. Anche a Sochi la Ferrari costantemente più veloce in pista, finché il kers ha retto, era la n.5 non la n.16. La Ferrari, in quanto squadra, dovrebbe essere superiore alle rivendicazioni personali di uno dei suoi piloti, chiunque egli sia. E pensare al risultato migliore su campo. Col senno di poi avrebbe avuto senso cambiare tattica e privilegiare Vettel che mostrava un passo gara migliore, invece che Leclerc. Invece il box Rosso ha tenuto fedeltà al patto pre-gara ritardando la sosta di Vettel e sacrificando con la strategia peggiore il proprio pilota più veloce in corsa per portare in testa Leclerc. Che, come poi si è visto, non aveva il passo per dominare la corsa come aveva fatto invece in qualifica.

Per cui Maranello dovrebbero tenerne conto di più del diverso rendimento fra qualifiche e gara tra i suoi piloti nell’elaborare le tattiche di gara. Essere più “egoista” dei suoi stessi piloti. Pensare più al risultato di gara che alle diatribe tra corridori. Rintuzzare eventuali proteste dei due mettendo l’interesse della Ferrari sopra a ogni altra cosa. Vabbé che s’è rotto il kers di Vettel e quindi la gara ha preso una piega anomala, ma a Sochi la squadra comunque si è fatta sfuggire una vittoria che sulla carta era già scritta.

Leclerc è un campioncino velocissimo ma Vettel è tutt’altro che bollito. A Singapore e Sochi, due piste “guidate” era più veloce Seb di Charles in corsa. Ora che la Ferrari ha migliorato la stabilità del retrotreno della SF90 grazie alle modifiche aerodinamiche e ora che riesce a sfruttare le gomme Pirelli tenendole nella giusta finestra di temperature d’esercizio, Vettel è tornato il corridore veloce e consistente di due anni fa. Oltretutto con una grande visione di gara e notevole apertura mentale: sa “leggere” la gara meglio di Leclerc. Guardate Hockenheim e Singapore. Mentre Charles, essendo più inesperto, tende sempre a chiedere al box come comportarsi in gara nelle situazioni impreviste.

Comunque non esiste in assoluto la ricetta giusta per un team vincente. Per qualcuno è meglio avere una prima guida velocissima e un bravo gregario disposto a sacrificarsi, come ha scelto di fare la Mercedes con Hamilton e Bottas. Per altri è meglio avere due piloti veloci e pronti a giocarsela tra loro, come in Ferrari, perché possono spostare in alto l’asticella della prestazione. Ma come ha imparato a sue spese trent’anni fa Ron Dennis e come sta scoprendo ora Binotto, l’importante è più facile averli due campioni in squadra che riuscire a gestirli senza far implodere il team. La rivalità fra piloti non deve andare a scapito della vittoria. Come disse gelidamente Enzo Ferrari a Gilles Villeneuve, che dopo Imola 1982 si lamentava di essere stato sfavorito rispetto a Pironi, l’importante è che vinca una Ferrari!

2 COMMENTI

  1. Leggo con rispetto il tuo autorevole articolo conoscendo la tua assoluta preparazione. Mi permetto però di fare qualche appunto con mie riflessioni:
    1) Vettel sicuramente ha una visione e una preparazione della gara di gran lunga migliore di quella di un “pivello”, ma non dimentichiamo che il sospetto che la Ferrari abbia buttato via due mondiali per colpa sua non ci abbandonerà mai come non ci abbandona il pensiero che sotto pressione raramente ormai è vincente.
    2) al via Vettel è scattato meglio ed è arrivato primo a curva due. Certo ma se Leclerc fosse stato libero di difendersi spostandosi a destra difendendo l’interno, dubito che Vettel sarebbe arrivato lui primo in quella posizione perché se la sarebbe dovuta vedere con Hamilton tirato dalla scia di Leclerc appunto. Hamilton che non avrebbe potuto affiancare Leclerc perché avrebbe avuto Vettel alla sua sinistra.
    3) Era Vettel quello più veloce?: non abbiamo certezza di questo essendo Leclerc sempre con “aria sporca” anche contro Bottas e sappiamo con queste F1 quanto l’aria sporca rovini tutto
    4) Se Vettel non avesse rotto il motore, mi resta il dubbio della strategia Mercedes, nulla mi toglie dalla mente che Bottas stava “aspettando le Ferrari” per permettere l’undercut a Hamilton
    Io penso che Vettel negli ultimi due anni, oltre che la stima dei tifosi che da anni aspettano inutilmente suoi lampi di genio, ha perso anche lo smalto del campione. OK ha una grande visione di gara, ci mancherebbe con la sua esperienza, ma non è che gli altri stanno a guardare la sua visione di gara. In gara si deve anche saper lottare e non mi sembra che lui sappia più lucidamente lottare.

  2. Il privilegiato? Scusa, anche se fosse? Finalmente in Ferrari hanno un pilota che può aprire un ciclo di vittorie , e secondo te dovrebbero farlo indispettire, o peggio ancora, portarlo a cambiare aria per dare ulteriori chance ad un pilota in oggettivo declino? Io sono della idea, che quando hai la fortuna di avere un pilota eccezionale, fortissimo sul giro secco, sulla bagarre ( difesa , attacco etc) sulla costanza dei tempi giro dopo giro, praticamente su tutto, con dei margini di miglioramento ancóra notevoli, devi solo metterlo a proprio agio, dargli la macchina vincente, e dargli un compagno di squadra che faccia ciò che fa Bottas con Hamilton. Se a Leclerc gli dai tutto questo, incomincia a vincere un gp dietro l’altro ed un campionato dopo l’alTro.( Da quanto tempo non c’era nessuno che riusciva a battere Hamilton sul giro secco? ) Certo, se dovessero continuare a puntare su Vettel, che non ha mai dato del tu a queste monoposto ibride, andranno incontro all’ennesIMO fallimento
    Tu , che hai avuto la fortuna di essere osservatore privilegiato , che hai visto dal vivo praticamente tutti i piloti di F Uno dagli anni ottanta ad oggi, sai bene che Leclerc è il talento più cristallino dai tempi di Ayrton. Bisogna assolutamente evitare di sprecare l’enorMe talento del ragazzo, instaurando una rivalità nociva che fa il Male della Scuderia. Ciao

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