Il DAS è regolare o no? È giusto vietarlo oppure no? E perché la Fia lo ha proibito soltanto dal 2021 e non subito? Tanti si sono interrogati e hanno discusso improvvisandosi di colpo ingegneri più esperti di Ross Brawn e Adrian Newey, lasciandosi andare a giudizi frettolosi e superficiali. Tutti – o quasi – contro il DAS, che per molti è diventato l’ennesimo esempio del malcostume della F1 in cui qualcuno cerca sempre di scavalcare le regole.
Bene, io lo dico subito a scanso di equivoci: sono a favore del DAS. Ben venga questo sistema e tanto di cappello a chi lo ha inventato. Il Dual Axes Steering, cioé sterzo a doppio asse, è stato introdotto a sorpresa dalla Mercedes nei test di Barcellona creando lo scompiglio fra i team e fra gli appassionati. Non è un dispositivo ultra-sofisticato e iper-tecnologico, ma l’applicazione pratica di un’idea brillante. Un vero colpo di genio. Una trovata semplice ma efficacissima. Fare in modo che il volante, tirandolo o spingendolo verso il pilota o spingendolo, modifichi la convergenza delle ruote. Un’idea semplice: basta però avere l’intuizione. Perciò la definisco “furba” ma nel senso positivo del termine. Non perché a crearlo sia stata la Mercedes e nemmeno perché condizionerà l’imminente mondiale, ma perché vivaddio è l’esempio ideale e positivo di come dovrebbe essere la F1 che piace agli appassionati: una categoria tecnologicamente estrema dove però a fare la differenza nel risultato è giusto che sia la bravura dell’uomo, la creatività dell’ingegnere e non i soldi.
Un’idea che premia chi ha più fantasia e non chi ha più soldi da investire. Poi succede, come in questo caso, che chi ha avuto l’idea sia anche il team col budget più alto di tutti. Ma si tratta di una coincidenza. Le due cose non sono correlate. Il DAS è una piccola e geniale trovata. Non una tecnologia sofisticata e costosa. Poteva anche inventarlo un ingegnerucolo della Racing Point o della Haas, come avvenne nel 2009 per il famoso buco sul fondo scoperto per caso da un giovane tecnico della Honda e che ha regalato a Button e Brawn una superiorità sul campo tale da permettere alla squadra più in bolletta della griglia di vincere il titolo mondiale F1.
Il DAS è una trovata semplice e furba. Il classico uovo di Colombo. Di quelle che fanno dire a tutti gli altri ingegneri: accidenti, ma perché non ci ho pensato prima io? Una trovata funzionale capace di rappresentare un improvviso miglioramento rispetto al modo tradizionale con cui si svolgeva un certo lavoro. Come è stato quando fu inventato il velcro al posto dei lacci. Oppure la serratura lampo al posto dei bottoni, o ancora la finestra a vasistas per ventilare una stanza al posto della classica anta.
Allora perché tanta gente critica il sistema e l’atteggiamento della Fia nei confronti del DAS? Primo perché l’ha inventato la squadra già più competitiva di tutte, quella che ne avrebbe meno bisogno. Secondo perché si teme che con il vantaggio che offre, tolga suspence al campionato.
A che serve il DAS ormai lo abbiamo capito tutti: è un sistema meccanico con cui il pilota, tirando lo sterzo verso di sé o spingendolo in avanti, può variare la convergenza della monoposto in movimento aprendo o chiudendo le ruote anteriori. Perché è così importante? La convergenza è l’angolo che ogni ruota ha con l’asse longitudinale del veicolo. Mantenendo le ruote a convergenza zero, una F1 diventa più scorrevole in velocità nei rettifili ma le gomme si raffreddano perché fanno meno presa (grip) sull’asfalto. Chiudendo la convergenza, invece, la gomma “lavora” di più perciò si scalda, il grip aumenta e migliora l’inserimento in curva della monoposto (meno sottosterzo). Il bello del DAS è che si può usare in modi opposti. Si può aumentare la convergenza per scaldare meglio le gomme quando si prepara il giro di qualifica oppure la ripartenza dopo una safety car e poter andare subito forte dalla prima curva. Oppure si può diminuirla per aumentare la velocità nei rettifili quando anche l’ultimo km/h in più diventa utile per prendere la scia e modificarla poi prima della frenata per ottenere un buon inserimento in curva.
Riguardo alla sua “legalità” c’è da fare una considerazione. Qui entra in campo la “politica” regolamentare. Il DAS, così com’è concepito, sembra non violare nessun articolo del regolamento attuale della F1. Le rigide norme F1 proibiscono la modifica degli assetti in movimento, le variazioni aerodinamiche durante la marcia e qualsiasi dispositivo elettronico che intervenga a modificare il comportamento dell’auto senza l’intervento del pilota. Per com’è costruito, il DAS non viola le regole attuali. Primo, perché è un sistema meccanico e non elettronico; secondo, perché la modifica avviene per mano del pilota e non del computer di bordo. E terzo perché non interviene sull’assetto dell’auto, quindi sulle sospensioni, ma soltanto sulla convergenza. Secondo voi la Mercedes nei mesi scorsi, prima di montarlo in auto, non si era letta minuziosamente il regolamento per essere sicuri che il DAS fosse legale al 100%? È chiaro che certi avversari della Mercedes, sorpresi e stupiti dalla invenzione dei tedeschi, si sono rivolti alla Fia criticandolo e sollecitando nuove indagini. Ma è la tipica reazione di chi chiude la porta dopo che i buoi sono scappati.
Io lo trovo un colpo di genio. E lo stesso pensano persone molto più competenti e illustri. Come Luigi Mazzola ex ing. di pista di Schumacher in Ferrari. Oppure Alan Permane, direttore sportivo della Renault F1. Tutti concordi sul definire il DAS un’idea geniale. È l’esempio di come dovrebbe essere la vera F1: innovativa, fantasiosa, capace di scoprire trovate tecniche facili, non costose, e di immediata attuazione che possano fare la differenza sul campo.
Di esempicome il DAS nella storia della F1 ne abbiamo decine: uno fu il dispositivo F-Duct della McLaren del 2010, un condotto d’aria passante nell’abitacolo che il pilota tappava con la mano o col ginocchio per far stallare l’ala posteriore e ottenere più velocità in rettifilo. Economico e funzionale. Talmente efficace che la Fia decise di accaparrarsi dell’idea per imporla a tutti incondizionatamente e lo fece diventare quello che oggi si chiama DRS.
Un altro esempio? Il muso ad ala di gabbiano, inventato dall’aerodinamico francese Jean Claude Migeot sulla Tyrrell nel 1990 che divenne lo spartiacque nel design aerodinamico del frontale della F1. Perché fece capire ai progettisti che era più importante e strategico ai fini aerodinamici indirizzare l’aria sotto il muso dell’auto piuttosto che sopra. Per non parlare delle minigonne scorrevoli introdotte nel 1979 da Colin Chapman sulla Lotus: un’idea geniale per sigillare il fondo delle monoposto e sfruttare il nascente effetto suolo.
Sono queste trovate, semplici nella loro genialità e poco costose, che rappresentano la forza propulsiva della F1. E la differenziano dalla maggior parte delle altre categorie del motorsport, come IndyCar, Formula E, Formula 2 che sono tutte più o meno dei monomarca o monotipo evolute. Dove l’unica cosa che può cambiare e su cui si può dibattere è il colore della carrozzeria. La F1 no: al di là di tecnologie estreme, sofisticate e costosissime come i motori ibridi, è la libertà permessa a ingegneri di inventare dispositivi come il DAS capaci di fare la differenza che rende unica questa categoria. Finché all’uomo sarà permesso di inventare e attuare idee innovative, questo sport sarà ancora una spanna avanti a tutti.