La farsa della gara di Spa ha dato la dimostrazione che la Formula Uno è prigioniera delle stesse regole cervellotiche che si è data. Ha le mani legate da procedure studiate a tavolino e non possiede l’elasticità per dire: c’è un imprevisto, per cui non si possono seguire le procedure standard. Un temporale, pur se intenso, non può paralizzare il più grande spettacolo sportivo d’Europa facendo fare a tutti gli attori la figura dei pagliacci. Credete davvero che i più abili piloti del mondo non se la sentano di guidare sul bagnato? No, il problema è che la F1 non è capace di affrontare nel modo giusto certe situazioni impreviste. Ha paura dell’opinione pubblica e dei giudizi negativi in caso di incidenti. Ha paura di perdere la faccia. E non si rende conto che l’ha persa molto di più con la ridicola sceneggiata di Spa del “si corre-non si corre-si corre con la safety car e assegno comunque i punti iridati”.
Il rinvio di quattro ore e i due ridicoli giri sotto la vettura staffetta sono il risultato dell’errore del sabato, quando Norris ha sbattuto violentemente un minuto dopo che Vettel in mondovisione aveva esortato il direttore di gara Masi a mettere la bandiera rossa senza venire ascoltato. Masi si è reso conto di aver fatto una figuraccia e domenica, per non rischiare più brutte figure, ha preferito rinviare e poi neutralizzare. Meglio lasciare i tifosi a bocca asciutta che affrontare le responsabilità per un ulteriore incidente.
Questo è il vero problema della F1 odierna: ha una paura fottuta di sbagliare. Perciò nel dubbio, annulla il rischio invece di affrontarlo nel modo dovuto. È una situazione figlia della morte di Jules Bianchi a Suzuka nel 2014 che scatenò polemiche a non finire. Da allora tutte le volte che diluvia il direttore di gara ci pensa due volte a dare semaforo verde per paura delle conseguenze, delle critiche e della responsabilità che ricadono su di lui.
Nel 1971 in Italia in una gara cittadina a Riccione, il motociclista Angelo Bergamonti, uno dei talenti emergenti italiani, cadde sotto la pioggia sbatté la testa e morì. Il direttore di gara dell’epoca fu messo sotto processo ed accusato di omicidio per aver dato il via libera alla corsa invece che sospenderla viste le condizioni avverse. La legge italiana in questo caso è più severa di quelle internazionali: all’estero non si va sotto processo per responsabilità così indirette. Ma l’immagine negativa davanti all’opinione pubblica e le critiche feroci nessuno può togliertele. Il povero Charlie Whiting, direttore di corsa a Suzuka 2014, fu ritenuto dalla gente indirettamente responsabile di Bianchi proprio perché non aveva sospeso la corsa a causa della forte pioggia. Ma Bianchi non morì per via del diluvio: morì perché andò a sbattere contro un trattore di soccorso che stava operando nella via di fuga!
Quell’episodio ha intimorito per sempre i direttori di gara della F1 che in caso di maltempo si sentono sulle spalle una responsabilità enorme. E nel dubbio preferiscono neutralizzare le corse invece che trovare il modo per farle disputare in sicurezza. È più facile e meno rischioso.
Ma le corse di F1 da che mondo è mondo si sono sempre disputate anche sotto la pioggia. La storia è piena di episodi epici legati alle competizioni sul bagnato. Ricordate Brambilla e la vittoria a Zeltweg 1975 sotto il diluvio? Che forse là pioveva meno di Spa 2021? E il trionfo di Senna all’Estoril nel 1985? Oppure la sua rimonta a Montecarlo 1984 contro Prost? O l’impresa di Schumacher a Barcellona ‘96, prima vittoria di Schumi con la Ferrari? A quell’epoca quei campioni guidavano vetture ben più scorbutiche nell’erogazione della potenza e senza alcuna traccia di traction control rispetto alle F1 di oggi. I piloti sono abituati a correre sotto l’acqua. Anzi in quelle condizioni si esaltano perché la pioggia elimina il divario meccanico tra le monoposto e permette che sia il talento del pilota a fare la differenza. La bravura di un pilota è anche nel saper adeguare la guida alle condizioni. Si tratta soltanto di mettere i corridori in condizioni di sicurezza e non mandarli allo sbaraglio alla cieca con auto adatte soltanto all’asfalto asciutto.
Proprio un mese fa nella stessa pista di Spa, ma nella categoria GT, abbiamo visto una 24 Ore concludersi sotto l’acqua e Pier Guidi, con la Ferrari 488, compiere un sorpasso mozzafiato nei confronti di un’Audi a Blanchimont sul bagnato sulla traiettoria esterna per andare a vincere la gara. Lì non c’è stato alcun problema né di scarsa visibilità né di poco grip. E non è che piovesse meno o che una GT non sollevi spruzzi.
Purtroppo la F1 è prigioniera delle sue stesse cervellotiche regole che le impediscono di improvvisare una soluzione diversa in caso di imprevisti. Masi, visto che già domenica mattina pioveva a dirotto e si sapeva dalle previsioni che sarebbe andata avanti fino a sera, avrebbe dovuto prendere il coraggio a quattro mani e dire: signori, pioverà tutto il giorno per cui le regole abituali non possono valere più. Dobbiamo cambiare le procedure. Punto e fine.
La pioggia crea due tipi di problemi nelle corse: primo, diminuisce il grip. Secondo: le colonne di acqua che le ruote alzano in velocità riducono la visibilità. Ma per ognuna ci può essere una soluzione.
La visibilità a Spa è un problema soprattutto sul rettifilo del Kemmel, perché ai lati ci sono gli alberi che fanno “rimbalzare” di nuovo in pista l’acqua nebulizzata che finisce per non dissolversi mai. Ma a Spa c’è anche un formidabile asfalto drenante. Proprio perché in Belgio c’è quel clima bastardo, il circuito si era da tempo adeguato. Anni fa gli organizzatori hanno rifatto l’asfalto che adesso è fortemente drenante e ha un’elevatissima aderenza. Asfalto drenante significa che basta ridurre un po’ il velo d’acqua sul terreno per diminuire lo spray d’acqua che fa da nebbiolina e aumentare drasticamente la visibilità. Le altre categorie, F3 e Porsche Supercup a Spa hanno pur corso col bagnato in condizioni di visibilità precaria, no?
Allora la soluzione qual è visto che rinviare di un giorno la gara non se la sente nessuno per le troppe problematiche che comporta? Per prima cosa la Fia dovrebbe chiedere agli organizzatori di dotarsi obbligatoriamente di alcuni veicoli capaci di spazzare e pulire il velo d’acqua sull’asfalto da mandare in azione un paio d’ore prima del via quando le condizioni sono critiche. Ne abbiamo visto uno in azione a Spa, perché non potrebbero essercene quattro o cinque in fila che fanno sistematicamente il giro della pista per spazzare via l’acqua come sulle strade di tutti i giorni fanno gli spazzaneve quando nevica? Meglio ancora, perché non si prende carico la stessa Fia di allestire lei questi veicoli portandoli sulle piste? Di sicuro costerebbero meno della pletora di supercar Mercedes e Aston Martin rosse e verdi (la metà sono inutili) per direttori di gara, medici, paramedici che vediamo esibirsi ad ogni week end e che sono soltanto utili ai fini dell’immagine. Quello sì che sarebbe un investimento per la sicurezza.
Il problema dello scarso grip è risolvibile facendo girare di più i piloti prima della gara per fargli prendere confidenza con l’asfalto bagnato e mandare in temperatura le gomme. Gli pneumatici rain, con le loro fitte scanalature, espellono centinaia di litri d’acqua al secondo. Garantiscono veramente un’aderenza pazzesca anche sotto un acquazzone. Basta che entrino in temperatura, quello sì. E qui viene il problema delle F1 moderne: che si chiama parco chiuso. Quella cervellotica e stupida regola inventata per equiparare le risorse tra i team “ricchi”, che potevano cambiare componenti a ripetizione, e quelli “poveri” che non avevano budget e dovevano lesinare sui ricambi. Il parco chiuso impedisce di modificare il setup delle auto e cambiare componenti tra qualifiche e gara e così mette tutti sullo stesso piano. Ma se piove? Allora i team sono costretti a correre con assetti da asciutto o scommettere 24 prima un assetto giusto cercando di prevedere il tempo. Con tutti i rischi annessi e connessi. Ridicolo per una F1 così scientifica che prevede infinità di regolazioni software ma non può banalmente sostituire un alettone o ammorbidire l’assetto. Il problema è che una F1 moderna con assetto da asciutto, sul bagnato fa aquaplaning con tutto il fondo, tanto viaggia rasoterra. E in quella conformazione non riesce a scaldare le gomme diventando di fatto inguidabile in curva.
Perciò non prendiamocela con la pista o con il maltempo quando la colpa è soltanto di una stupida regola. E cambiamo invece la stupida regola del parco chiuso che non permette di adeguare la monoposto alle condizioni climatiche avverse. Il problema insomma non è la pioggia ma la direzione gara che non sa adottare le giuste contromisure per l’emergenza. Bisogna avere pronto un piano B per le giornate di maltempo. Una soluzione per le emergenze. Quale? Ci sono tante cose che si possono fare. Di tempo per mosse alternative ce n’è a volontà la domenica mattina di un Gran Premio F1 quando dalle 9 alle 15 team piloti e direzione gara stanno con le mani in mano.
Per esempio, invece di sprecare la mattinata in cerimonie inutili come il giro di pista dei piloti a bordo del camion, tappeti rossi, corridori che si inginocchiano contro il razzismo e procedure di partenze eterne con le macchine che entrano in pista tre quarti d’ora prima, bisognerebbe prendere il coraggio a quattro mani. E stravolgere le procedure. Basta che il direttore di corsa dica: Signori, piove, quindi: piano B. Il parco chiuso per questo GP è abolito, i team sono liberi di fare assetti da bagnato, si svolgerà una sessione di 20 minuti di warm up per provare i nuovi assetti, poi breve interruzione, quindi si faranno 3 o 4 giri di ricognizione prima del via per portare in temperatura le gomme. E non sotto safety car ma con le auto libere di viaggiare più forte per scaldare davvero gli pneumatici. Di seguito subito la partenza. Con gli assetti da bagnato e gomme in temperatura. Le macchine avranno spazzato via un po’ d’acqua dalle traiettorie, i piloti avranno acquisito più confidenza nella guida e ci sarebbe il tempo per svolgere il programma del Gran Premio per intero. Tanto appena le vetture si sgranano, la visibilità migliora ed i rischi diminuiscono. In caso di emergenza o drastico peggioramento delle condizioni climatiche si può sempre sospendere la gara dopo un certo numero di giri.
Troppo complicato? Figurarsi. In F1 basta volerle davvero le cose per farle. Tempo e risorse non mancano. Non avremmo comunque visto quello spettacolo indecoroso di continua incertezza lungo tre ore. Dove si è pensato soltanto alle esigenze degli sponsor e del marketing per una ridicola cerimonia del podio senza corsa. Mentre dei tifosi che stavano lì ad aspettare la corsa sotto la pioggia e hanno buttato via i soldi del biglietto per uno spettacolo che non c’è stato, tutti se ne sono fregati. Dice bene Hamilton: restituite i soldi del ticket al pubblico!
La F1 dell’era Domenicali questo dovrebbe fare: invece di perdere tempo a friggersi il cervello su come eliminare il DRS o su scemenze come la qualifying race, dovrebbe mettere a lavorare i suoi tanti “cervelli” dentro Liberty Media e la Fia (e c’è parecchia gente esperta: da Ross Brawn, a Tombazis, a Pat Symonds) a studiare le procedure tecnico-operative di un piano B per i Gran Premi in caso di pioggia estrema per realizzare un Gran Premio con i dovuti crismi. E infine, ovviamente, evitare la farsa di assegnare punti ingiusti dopo una finta corsa. E guardarsi bene dall’innescare la sceneggiata di un ridicolo podio soltanto per compiacere lo sponsor. Ci vuole una F1 più attenta alla vita reale, meno all’immagine.
Pienamente d’accordo.
Caro Alberto,
quato scrivi è talmente giusto e anche facile da realizzare che sara difficile (temo impossibile) vederlo applicato. Se non sbaglio, con la scusa della sicurezza, la FIA può fare qualsiasi cosa fregandosene dell’opinione dei team. E quindi per la sicurezza dei piloti sul bagnato potrebbe tranquillamente modificare i regolamenti secondo i tuoi suggerimenti. Ma forse ha le mani legate dagli interessi degli sponsor, che le permettono di tenere in piedi il carrozzone.
Intanto io non guardo più le gare, mi limito a leggere i risultati e magari a vedere qualche video su youtube sui momenti più interssanti della corsa. In questo modo, domenica ho potuto trascorrere un pomeriggio all’aperto invece che davanti a un tv ad aspettare di vedere una cosa ridicola e offensiva per tutti: piloti, pubblico sul circuito, appassionati.
Tutto giusto tutto vero, l’immobilismo della Fia è sempre stato il problema principale, dietro la facciata della sicurezza stanno distruggendo la F1, dalla stesura dei regolamenti alla direzione di gara sembra che si giochi a “ciapa no”. È da molti anni che si sente gente che si lamenta di questo stato di fatto ma sembra che alle istituzioni non interessa è per di più ci mette il carico inventando nuove regole ancor più complesse. Temo che il giorno un cui si renderanno conto del disastro sarà troppo tardi. Un’ultima considerazione la vorrei fare sui piloti. La generazione attuale è troppo telecomandata è abituata a fare ricorso al muretto anche per sapere quando accelerare o frenare, e in questi casi non sa, non può, non vuole prendersi la responsabilità di alzare la voce e di far valere le proprie ragioni sul campo, non tramite social quando si è belli al caldo e asciutti in albergo.
Caro Alberto, certo sono d’accordo con quanto dici. Aggiungo solo una considerazione, che non vuole essere una provocazione. Dopo le polemiche e le pressioni Red Bull secondo cui a Silverstone Ham avrebbe avuto una penalità non adeguata e che a Budapest Bott avrebbe fatto fuori Ver, quale miglior modo, da parte di Masi, per rimettere un pò le cose a posto? Assegnare metà punteggio…