C’è una coincidenza da far venire i brividi dietro l’immagine gioiosa di Vettel che sul podio di Melbourne festeggiava la prima vittoria della Ferrari nel mondiale F1 2017.
Se ci avete fatto caso, sulla manica della tuta del pilota tedesco e sulla carrozzeria della Ferrari che ha vinto c’era il quadrifoglio Alfa Romeo. È dallo scorso anno che Marchionne in persona ha voluto il simbolo dell’Alfa Romeo sulla Ferrari F1 per portare in giro per il mondo anche il marchio Alfa.
L’anno scorso c’era il biscione, quest’anno invece si era deciso di mettere sulle fiancate della monoposto e sulle tute dei piloti quello che è sempre stato il simbolo della sportività Alfa Romeo: il quadrifoglio verde (iscritto in un triangolo bianco). Ma dopo la vittoria di Vettel in Australia, la presenza di quel quadrifoglio portafortuna ha acceso ricordi da brivido per la vicenda legata a quel simbolo. Una vicenda che ci porta indietro nel motorsport a ben 94 anni fa: nel 1923.
A volere il quadrifoglio su un’auto da corsa fu un pilota dei primi Anni Venti: Ugo Sivocci. Faceva parte dello squadrone Alfa Romeo ed era amico fraterno di Enzo Ferrari, anzi fu proprio Sivocci a introdurre il più giovane Ferrari al mondo delle competizioni.
Sivocci era un pilota temerario, ma molto sfortunato. Più volte aveva subìto guai meccanici che gli avevano precluso la vittoria. Nel maggio 1923 lo squadrone Alfa Romeo che contava su quattro piloti di punta, i famosi “moschettieri” e cioé Antonio Ascari, Enzo Ferrari, Giuseppe Campari e Ugo Sivocci si stava preparando per la Targa Florio. Una delle corse più impegnative dell’epoca. Sivocci, che da bravo casertano era forse anche superstizioso, alla vigilia della gara fece dipingere sulla sua Alfa Romeo RL un quadrifoglio verde iscritto in un quadrato bianco. Forse perché gli portasse fortuna in gara oppure semplicemente per distinguersi fra le quattro rosse Alfa. Incredibilmente, il simbolo fece valere il suo potere: in gara Sivocci era secondo, ma davanti a lui Ascari, che aveva tagliato il traguardo prima, fu penalizzato per una irregolarità. Così Sivocci si aggiudicò la sua prima corsa, la Targa Florio. Grazie al benefico influsso del quadrifoglio.
Purtroppo quattro mesi dopo, il potere del quadrifoglio fece sentire ancora una volta il proprio effetto. Ma nella sua forma più tragica. Durante le prove del GP d’Europa a Monza, nel settembre di quello stesso 1923, Sivocci uscì di pusta alla curva del Vialonem quella dove nel 1955 morirà Alberto Ascari e perse la vita nell’impatto contro un albero. Solo dopo l’incidente ci si accorse che quel giorno sulla carrozzeria dell’Alfa mancava il simbolo del quadrifoglio. Un tragico scherzo del destino: per la fretta di approntare la nuova Alfa P1 per le prove, non c’era stato il tempo di dipingerlo.
C’è anche una cabala di numeri legati alla tragica storia di Sivocci: il giorno in cui vinse la Targa Florio con il quadrifoglio sulla carrozzeria, Sivocci aveva sull’Alfa il numero 13; il giorno che morì a Monza senza il quadrifoglio la sua macchina portava il numero 17. Dopo quell’episodio nelle corse italiane il numero di gara 17, simbolo di sciagura, fu ritirato.
Dopo l’incidente l’Alfa Romeo, per ricordare il suo sfortunato pilota, ha dipinto il quadrifoglio verde sulla carrozzeria di tutte le Alfa Romeo da corsa e anche su quelle stradali più sportive. Ma con una differenza: il simbolo verde era iscritto non più in un quadrato a quattro punte, ma in un triangolo per ricordare che una delle “punte” dello squadrone Alfa non c’era più.
Non sappiamo se Marchionne o Vettel conoscono la storia di Ugo Sivocci. Ma sappiamo per certo che il Ceo di FCA e Ferrari ha conosciuto e apprezzato il mito Alfa e il simbolo del quadrifoglio che lo rappresenta un giorno sulla pista di Balocco. Quando, quasi per caso, è enrtato nel capannone di fronte alla Cascina Luigina che era l’officina dell’Autodelta e che custodiva tanti ricordi e cimeli del glorioso periodo Alfa anni Sessanta e Settanta. Forse l’idea di riproporre sulla Ferrari il quadrifoglio come massimo simbolo della sportività Alfa gli è venuta allora. E in Australia ha portato bene.