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Le Mans è la gara più bella del mondo. Ma anche la più rischiosa, esaltante e nello stesso tempo crudele. Almeno per i piloti. Il disastro capitato alla Toyota nella notte, quando stava dominando la 24 Ore fin dal via e cominciava a pregustare l’idea di vincere finalmente dopo quasi 30 anni, e alla Porsche nella tarda mattinata, ne è la prova. Due macchine da corsa ibride, due filosofie costruttive diverse e quasi opposte, due destini simili.

Purtroppo a Le Mans bisogna prevedere tutto quanto. E non basta perché l’imprevisto è sempre in agguato. E la corsa alla miniaturizzazione, all’alleggerimento può essere vitale per andare più forte ma ti espone sempre a possibili rischi.

Nessuno pensava che alla Toyota, dopo la grande delusione del 2016 quando si fermò a un giro dall’arrivo in panne elettrica, potesse succedere qualcosa di ancora peggiore e più mortificante. E invece è capitato. L’anno scorso ha perso la vittoria a 3 minuti e 30 dalla fine; quest’anno ha perso le sue due macchine di punta, che erano prima e terza, nel giro di un quarto d’ora fra mezzanotte e quaranta e l’una di notte. Un doppio ritiro quasi incredibile in una categoria così tecnologica dove si pianifica tutto nei minimi dettagli e non si lascia nulla al caso.

LA Toyota n.9 durante un pit stop prima del ritiro

La dinamica di quello che è accaduto la leggete qui in questo articolo, ma la spiegazione all’origine forse è nella costruzione estrema della TS050. Il tallone d’Achille della Toyota 2017 si chiama frizione. Che ha ceduto sulla macchina n.7 di Kobayashi quando il giapponesino ha dovuto sfrizionare per ripartire dai box dopo una sosta.

E qui va data una spiegazione: la Toyota, per scelta ma anche per orgoglio tecnico, ha deciso di utilizzare la modalità solo elettrica per ripartire dai box dopo ogni sosta. Nel senso che i suoi piloti ripartono dalla piazzola di sosta con la sola energia elettrica e non con il motore a benzina che attivano una volta usciti dai box. Il problema è che in quel maledetto 150° giro, attorno a mezzanotte e quaranta, c’era la safety car e quindi Kobayashi all’uscita dei box ha dovuto fermarsi al semaforo rosso. Ma lì la pit lane finiva, così quando è stato il momento di ripartire, ha inserito anche il motore termico e al verde è ripartito sfrizionando. La frizione sotto l’impulso dei mille cavalli dei due propulsori combinati (500 elettrici + 500 termici) si è surriscaldata e nell’arco di un giro ha ceduto lasciando praticamente senza trasmissione il pilota giapponese che piano piano ha cercato di percorrere il giro per tornare ai box ormai con la sola trazione elettrica perché il motore termico che pure funzionava, non riusciva a scaricare sulle ruote i suoi cavalli per via del guasto alla frizione che non faceva passare la coppia motrice al cambio e quindi alle ruote.

I guasti fanno parte delle corse di durata, che sollecitano al limite la meccanica. Ma è anche possibile che la Toyota, per lavorare sull’alleggerimento spinto della propria auto, abbia forse sottodimensionato la frizione. Forse i giapponesi hanno pensato che a Le Mans, visto che la partenza è lanciata, essa non viene sollecitata; e visto che per ripartire dai box dopo ogni pit stop la macchina si muove in modalità soltanto elettrica (quindi senza l’uso della normale frizione), allora una frizione super-robusta non serve più di tanto. Crea soltanto peso e attrito. Magari hanno ridimensionato dischi e materiali di attrito per alleggerirla pensando che diventava necessaria soltanto per poche occasioni di emergenza, come ripartire in gara dopo un testacoda. Solo che la frizione al primo vero grande sforzo non previsto (ripartire da fermo con motore termico all’uscita dei box) ha ceduto.

C’è dell’arroganza in questa scelta? O si tratta soltanto di una combinazione di imprevisti sfavorevoli? Si può parlare di pura sfortuna nelle corse, o la jella nel motorsport non esiste e ogni guasto, anche il più imprevedibile, vede all’origine una scelta tecnica sbagliata o superficiale? Potremmo dibatterne all’infinito. Ma anche il dilemma di partenza – meglio un’auto robusta e meno veloce oppure una estrema, rapidissima ma fragile? – non ha una risposta definitiva. Non esiste un limite fisico ben definito oltre il quale un’auto è “fragile” e sotto il quale è “robusta”. È sempre una questione impalpabile di scelte delicate e di compromessi impalpabili. Audi ai tempi delle vittorie a raffica aveva insegnato a tutti che la strada maestra è quella dell’auto robusta e affidabile. Non a caso per tanti anni Audi ha sempre sconfitto Peugeot e Toyota che si affidavano alla velocità per superare la regolarità dei tedeschi. E Porsche ha seguito la stessa strada di Audi. Ma anche loro, con l’improvviso guasto che ha colpito la n.1 di testa a 3 ore e mezza dalla fine, hanno pagato pegno. Pur con un’auto definita “affidabile”, certo più della Toyota. Perché i guasti a Le Mans sono sempre in agguato. Per cui alla fine ha ragione quel pilota che un giorno aveva detto: “Non sei tu – pilota o squadra – che vinci a Le Mans, ma è Le Mans che decide di sceglierti come vincitore”.

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