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Ripubblico qui la lettera aperta che ho scritto
a Verstappen nella mia rubrica “Nel Mirino” su autosprint.it.
Grazie a @Sutton-Images per le foto.

Caro Max,
ma ti rendi conto di quel che stai combinando? Con quella scellerata manovra difensiva a Baku hai deluso il mondo che un tempo credeva nelle tue qualità e quelli che avevano visto in te un nuovo Senna. E da come ai box Christian Horner e Helmut Markoguardavano attoniti sul monitor le due Red Bull schiantate, secondo me stai deludendo anche loro. Specie Marko, l’uomo che ti ha voluto lì, ti ha dato fiducia, che per te ha mandato via Kvyat e finora ti ha difeso contro tutto e tutti. Sacrificando per la tua causa anche un talento cristallino come Ricciardo. A parole i due boss ti hanno difeso dividendo le colpe salomonicamente tra te e il tuo compagno. Come si fa negli incidenti stradali. Fifty fifty. Ma qui non siamo a un incrocio cittadino, qui siamo in Formula Uno. E non si può frenare a 330 km orari cambiando due volte traiettoria come hai fatto a Baku. Si può intimidire l’avversario in pieno rettifilo spostandosi una volta. Oppure scegliendo una linea e frenando all’ultimo istante lasciando al rivale il compito di tentare l’attacco e magari finire lungo come ha fatto Bottas con Vettel. Ma non si può zigzagare a piacere soprattutto nella frase di frenata, togliendo ogni varco come hai fatto al povero Ricciardo che non aveva più spazio dove andare se non contro la coda della tua macchina.

Caro Max, tante volte io stesso ho preso le tue parti nelle discussioni fra tifosi riguardo alla tua guida estrema e spregiudicata ma non sempre scorretta. Ma stavolta no. Perché è vero che tu hai introdotto in Formula Uno un nuovo stile di pilotaggio. Sorpassi estremi spingendo di lato l’avversario, massima aggressività, traiettorie originali. All’insegna di un solo motto: provarci sempre e comunque. Costi quel che costi. Nelle corse si sono sempre date sportellate e ruotate, ma la frequenza con cui lo fai tu è al di sopra della media. Hai avuto il merito di alzare l’asticella della competizione in Formula Uno obbligando tanti altri piloti ad adeguarsi. Sei veloce, dannatamente veloce, non si discute. Chi non lo riconosce, non capisce niente di corse. Ma quando è troppo è giusto ammetterlo.

Ho avuto la fortuna di assistere di assistere di persona al tuo debutto trionfale in Red Bull: prima gara, prima vittoria, a soli 18 anni – il più giovane di sempre – tenendo dietro a gomme finite a Barcellona 2016 un pilota esperto come Raikkonen. Lì hai rivelato tutto il tuo talento. Ma poi non sei cresciuto in proporzione. Ogni tanto compi manovre al limite della correttezza, e quelle ci possono stare. Ma ogni tanto sbagli grossolanamente le misure e danneggi non solo te ma anche gli altri. Come a Shanghai su Vettel. Come In Azerbaijan su Ricciardo. A Baku hai toccato il limite: hai guidato davvero come un animale impazzito. Non sembravi un pilota di F1 ma un rapinatore di banche in fuga dalla Polizia dopo il colpo, che scappa in macchina senza curarsi di quello che c’è attorno, come nei film compiendo manovre disperate e preoccupandosi solo di non farsi prendere.

Non si fa così. E non parlo soltanto dell’episodio della frenata su Ricciardo, dove sei chiaramente colpevole di aver cambiato traiettoria due volte. Parlo anche degli altri episodi della corsa, quando hai dato ruotate al tuo compagno di squadra che era più veloce di te, lo hai ostruito, ostacolato, spostato verso i muretti, ti sei infilato dentro di lui in frenata, in situazioni quasi impossibili, creando già allora i presupposti per un incidente. Tutto perché non volevi ammettere che lui con gomme meno usurate delle tue e senza blistering, aveva più aderenza e velocità di te. E non volevi arrenderti alla sua superiorità.

Caro Max, secondo me manchi di un po’ di educazione racing. Quella che tuo padre non ti ha mai dato perché diciamo la verità, come pilota era una mezza schiappa. È diventato famoso più per aver peso fuoco dentro la macchina durante un pit stop piuttosto che per i suoi risultati. È stato ridicolizzato da Schumacher che era il suo compagno di squadra. E probabilmente come tanti padri incompiuti sportivamente, ha riversato su di te – figlio – le sue speranze inespresse. Solo che ti ha educato col bastone, dimenticandosi la carota. Mi raccontano che ai tempi del kart ti faceva tornare a piedi in hotel per forgiarti il carattere. E tante volte dicono abbia alzato le mani su di te, ragazzino, quando commettevi un’ingenuità in corsa. Ho l’impressione che i suoi metodi ti abbiano indurito e rovinato, invece che forgiarti.

Quella volta a Hockenheim nel 2015 che prima di una mia corsa, mi dicesti: “Have fun!” (Divertiti!)

Caro Max, ho avuto l’onore di conoscerti tre anni fa fuori dall’ambiente Formula Uno, in una gara dove il pilota per una volta ero io e tu invece eri l’ospite e spettatore della tua fidanzata che gareggiava anche lei con me. E mi colpì la semplicità del tuo carattere, la tua delicata ingenuità, e anche la timidezza da 18enne che manifestavi. Guidavi giù la Formula Uno (Toro Rosso all’epoca) ma avevi ancora l’ingenuità di un ragazzino. Mi dicesti mentre mi apprestavo a salire in macchina: non importa il risultato, l’importante è divertirsi. E mi salutasti con una frase che ricordo ancora: “Have fun!” Divertiti! Non credevo che quel ragazzino così timido riuscisse poi a dimostrarsi così “cattivo” in pista. Secondo me tuo padre ha esagerato con gli insegnamenti rudi: ti ha insegnato a identificare l’avversario come un nemico da abbattere a tutti i costi.

  

Magari una volta in Red Bull le pressioni e le aspettative ti hanno guastato. Marko e Horner hanno diviso le colpe ta te e Ricciardo, ma credo sia stata una dichiarazione di facciata. Non potevano sputtanare il proprio pupillo su cui hanno investito l’immagine e il futuro della squadra dichiarandoti colpevole tout court a beneficio dell’altro che hanno ormai scaricato. Dovevano fare quadrato attorno a te e proteggere il loro investimento. Ma secondo me a porte chiuse Marko ti darà una bella strigliata. Perché lui è stato un buon pilota quarant’anni fa. Sa come ci si deve comportare in pista, conosce tutti i vecchi trucchetti della Formula Uno degli anni ruggenti. Sa quando è bene rischiare e quando è il caso di alzare il piede. Marko per amore delle corse e per l’irruenza degli avversari ha pagato di persona e ci ha rimesso un occhio. E capisce anche che in certi momenti, quando si è in difficoltà, come è successo a te col blistering, bisogna mettere da parte l’irruenza che non porta da nessuna parte. Bisogna saper temporeggiare aspettando che gli pneumatici tornino efficienti e si possa riprendere il ritmo. Te lo dirà, vedrai.

Caro Max, forse il tuo problema è che la Formula Uno di oggi non insegna più il giusto comportamento ai giovani che approdano ai Gp. È come la vita di strada senza regole. Quando manca l’esempio da seguire e uno si deve formare da solo, si cresce come selvaggi, senza insegnamenti. Perché mancano i piloti carismatici che possano darli. O perché sono occupati con gli sponsor. Tanti anni fa, a Spa, quando il giovane Senna fece una manovra troppo spericolata per superare Mansell, che era allora uno dei “senatori” della F1, Nigel non ci pensò due volte: a prove finite andò nel box Lotus e prese per il collo Ayrton sollevandolo da terra di mezzo metro per insegnargli come ci si comportava con i colleghi in pista. Lo stesso fece Alboreto a Zeltweg frenandogli in faccia per fargli capire che non si può correre come se in pista ci sia soltanto tu. Tanti anni dopo, a Senna diventato nel frattempo uno dei “senatori” più esperti nella F1 dei primi anni Novanta, toccò il compito di educare e reprimere la troppa spericolatezza del giovane Schumacher a Magny Cours, sgridandolo platealmente davanti a giornalisti e tv. Sono insegnamenti ed umiliazioni che servono. Forgiano i talenti troppo focosi e gli insegnano come vivere insieme al branco e non da lupi solitari. E raggiungono lo scopo meglio di tante penalità sportive.

A te invece nessuno, finora, ti ha preso per il collo per insegnarti come si resta fra le righe in pista. Hamilton si è limitato ad accompagnarti fuori pista a Shanghai con classe ed eleganza per indurti a non ripetere più certe manovre. Ma non è stato abbastanza. Ha usato troppo il fioretto e poco la spada. Doveva prenderti da parte a fine gara e insegnarti con le buone e le cattive quali sono le giuste regole di ingaggio in Formula Uno. Gli ammonimenti e le penalità della FIA fanno ridere. Invece, un po’ di sculaccioni virtuali e magari anche materiali da parte di un campione affermato, sarebbero più efficaci.

E magari dopo, il tuo talento, ripulito dalle spregiudicatezze in pista, esploderebbe del tutto.

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