Se guardiamo soltanto i numeri duri e crudi potrebbe sembrare una corsa negativa. La Ferrari è ancora una volta giù dal podio, come è successo 12 volte su 16 GP quest’anno. Appena 16 punti iridati raccolti con un 4° ed un 8° posto per Leclerc e Sainz. Invece, se andiamo ad analizzarlo a fondo, il GP Turchia si rivela esser stato un Gran Premio davvero positivo per il Cavallino. Molto di più di quel che appare dall’esterno. Una delle migliori corse del 2021, anche se alla fine non premiata dal risultato. Paradossalmente la Ferrari per tre quarti di corsa è stata in lotta se non per la vittoria almeno per il secondo posto: Verstappen era lì a portata di tiro di Leclerc, a una manciata di decimi. Mai più di due secondi il distacco fra la Red Bull e la SF21.
Se la Ferrari ha perso un podio ampiamente alla sua portata (forse anche il 2° posto) è stato perché si è comportata in modo troppo ambizioso. Ha provato a vincere la gara con Leclerc scegliendo una strategia molto ardita: portare a termine la corsa sperando che le intermedie tenessero per tutti e 58 i giri, per gestire quei 7” di vantaggio su Bottas e quei 12” su Verstappen che Leclerc si era ritrovato in tasca dopo il pit stop dei primi due. Un azzardo che non è riuscito per via del decadimento della gomma intermedia a una dozzina di giri dalla fine.
Anche se molti criticano a posteriori la scelta tattica, io invece sono favorevole. In fondo copiando le strategie di Bottas e Verstappen, Leclerc non li avrebbe mai passati e sarebbe rimasto terzo. A quel punto, meglio prendersi un rischio estremo per inseguire una possibile vittoria piuttosto che accontentarsi. Al massimo se le cose fossero andate male, sarebbe finito quarto, come è effettivamente successo, invece che terzo. Il gioco valeva la candela.
Comunque i numeri e i tempi sul giro dicono che la Ferrari aveva un ritmo gara vicinissimo a quello dei vincitori. La riprova viene da Sainz, che aveva adottato una strategia uguale a quella degli altri: lo spagnolo ha stabilito il secondo miglior giro veloce della corsa dietro Bottas. Rifilando mezzo secondo ai vari Perez e Norris e 8 decimi a Verstappen e Hamilton. È la controprova che la Ferrari SF21 “evo” funziona. E bene.
Qual è il motivo della ritrovata competitvità della Ferrari? Il nuovo sistema ibrido. Che ha regalato qualche cavallo in più e migliorato globalmente l’efficienza di tutta la monoposto. La nuova MGU-H ha garantito una maggior velocità di punta sui rettifili, buona motricità complessiva della macchina e tempi sul giro eccellenti sul passo gara rispetto a Mercedes e Red Bull. E sopratutto la facilità di poter eseguire sorpassi a fine rettifilo, che è sempre stato il punto debole quest’anno della SF21.
Nella fattispecie si tratta di una MGU-H rinnovata, di alcune modifiche al motore elettrico e soprattutto di una differente batteria al litio e un nuovo software di gestione dell’energia. Componenti che Leclerc aveva già utilizzato a Sochi, mentre a Sainz sono stati montati in Turchia. L’effetto è stato altamente positivo.
Il primo dubbio che viene è: come mai, in un regime regolamentare che prevede motori “congelati” a marzo 2021, la Ferrari ha potuto apportare modifiche alle power unit? La risposta è banale: perché il Cavallino quei componenti meccanici ed elettrici li aveva già regolarmente omologati come parte attiva della power unit 2021 prima dell’inizio del campionato; ma non li aveva mai montati in vettura perché non era del tutto sicura della loro affidabilità. Però durante l’estate i tecnici hanno lavorato sul software per ottimizzarne il funzionamento e solo in Russia e poi in Turchia si sono fidati a montare tutti i nuovi componenti sulle monoposto di Leclerc e Sainz pagando le penalità relative al cambio di power unit complessivo.
Il punto di forza principale del nuovo sistema ibrido è una batteria più efficiente, di maggior densità, che si scarica e si ricarica molto più fretta. Consentendo così di accumulare più rapidamente l’energia elettrica e di restituirla in tempi immediati al motore elettrico. Soltanto Mercedes negli anni scorsi aveva realizzato batterie super efficienti nel caricarsi e scaricarsi in fretta e questo era stato il segreto della loro supremazia nei primi anni della Formula Ibrida. Una batteria che immagazzina in meno secondi l’energia e restituisce più rapidamente i kilowatt, mette il pilota in condizione di accelerare più in fretta. Di raggiungere velocità di punta più elevate.
Maggiore efficienza della batteria significa accelerare più in fretta all’uscita delle curve, ma anche raggiungere una maggior velocità di punta perché c’è più potenza che spinge l’auto. Questo significa essere più agevolati nei sorpassi (punto dolente fino a ieri della SF21). Ma anche poter adottare assetti aerodinamici diversi perché non bisogna più cercare un compromesso stringente fra velocità di punta e carico aerodinamico. Se ne avvantaggiano anche gli pneumatici perché con assetti diversi si stressano meno le gomme in accelerazione. In parole povere, il nuovo ibrido ha migliorato la guidabilità complessiva dell’intera auto.
Non pensate a una una quantità spaventosa di potenza in più dal nuovo ibrido: si parla di una decina di kilowatt in più, pari a 13 cavalli, ma non è tanto il numero dei cavalli e dei newtonmetri di coppia a fare la differenza, ma la rapidità con cui vengono trasmessi alle ruote che conta. Il nuovo sistema ibrido garantisce una maggiore efficienza complessiva dell’auto nella guida in ogni condizione. Si è appurato è che ha migliorato a ricaduta la prestazione complessiva della SF21 in tutte le aree della performance. È un incremento relativo (Binotto parla di uno/due decimi al giro) ma è quello che può bastare per qualificarsi una o due file più avanti, evitare di restare invischiati a centro gruppo nelle prime fasi di corsa e potersi giocare la gara con la strategia più efficace e non con scelte di compromesso per difendersi nei rettifili.
Gli effetti si sono visti più in qualifica, dove l’asfalto era asciutto e il benefici del motore si sentivano di più. Perché sul bagnato i motori incide meno nella performance dell’auto. Guardiamo i dati delle qualifiche del sabato: i numeri ci dicono che la SF21 ha progredito enormemente prima di tutto in quello che era il suo grande punto debole: la velocità di punta. Leclerc nelle qualifiche ha stabilito la velocità più alta di tutti in ciascuno dei rilevamenti velocistici di punta: nella speed trap (339,3 km/h), nel primo intermedio (284,0 km/h) e nel secondo intermedio (302, 1km/h). Rifilando alla Mercedes di Hamilton, autore del giro più veloce nello speed trap 6 km/h di differenza, e negli a,tri due intermedi 2 km/h e 5,5 km/h di differenza rispettivamente. Ancora più marcato il vantaggio velocistico sulla Red Bull.
Si può obiettare che Leclerc avesse scelto un assetto leggermente più scarico, questo è vero, ma l’assetto scarico devi potertelo permettere in funzione gara, altrimenti perdi motricità in accelerazione e le tue gomme non durano a lungo. Il compromesso di assetto scelto dalla Ferrari per Leclerc si è rivelato altamente efficiente anche sul passo gara e non solo in situazione di qualifica.
La bella corsa di Sainz invece, con la sua rimonta dal 19° posto in griglia fino all’8° posizione finale con tanti sorpassi, sono la controprova di quanto fosse competitiva la Ferrari “evo” in Turchia. Soprattutto Sainz ha mostrato che salto di qualità ha permesso la nuova power unit in termini di velocità di punta ed efficienza globale perché lo spagnolo è riuscito a compiere agevolmente oltre dieci sorpassi. Il cronico punto debole della SF21 – la scarsa velocità che le impediva di finalizzare i sorpassi – è stato probabilmente superato per sempre.
Questo è un punto fermo molto positivo in ottica di campionato. Con il nuovo ibrido la Ferrari non ha chiuso del tutto il gap dai motori Mercedes e Honda (ballano ancora una quindicina di cavalli) ma si è ormai portata in scia a loro. Abbastanza per uscire dal limbo del gruppo di centro e poter tornare a giocarsela con la McLaren per il 3° posto nel campionato.