Credevamo fosse maturato. Credevamo tutti che il ricordo del Verstappen irruente, arrogante spregiudicato, il Verstappen che non aveva rispetto per nessun altro pilota, fosse ormai lontano. L’episodio della qualifica in Messico e della sua penalizzazione per aver ignorato la bandiera gialla ci ha fatto capire che il ragazzo cocciuto e testardo è rimasto tale. Anche a 22 anni, con cinque stagioni di F1 sulle spalle e ormai alla soglia dei cento gran premi di F1 Verstappen oltre a un piedone pesantissimo mostra ancora – purtroppo – una cocciutaggine preoccupante. La pole persa a tavolino in Messico dopo averla conquistata in pista ne è la prova. Verstappen e aveva fatto il giro più veloce nella prima serie di giri della Q3, unico a scendere sotto 1.15”. Come tutti, però, è tornato in pista nella seconda serie di tornate per migliorarsi. Aveva scelto di partire come ultimo del gruppo. Dietro Leclerc, Vettel e le Mercedes. Si sa che quando sei l’ultimo forse godi di un briciolo di grip in più perché sull’asfalto trovi la gomma depositata da chi ti precede. Ma ti esponi anche al rischio di una bandiera gialla per un incidente a quelli davanti che potrebbe neutralizzare il tuo tentativo. Devi essere pronto ad accettare pro e contro, non soltanto i vantaggi. Ed è proprio quello che è successo alla curva Peraltada. L’ultima della pista messicana, un curvone che si percorre in accelerazione a tutto gas.
Una volta negli anni Novanta la Peraltada era assai più difficile di oggi perché era preceduta un lungo rettifilo, non da una serie di tornantini lenti, per cui ci si arrivava molto più forte e si affrontava in sesta marcia. Ci voleva fegato, cuore e sprezzo del pericolo per farla più forte degli altri. Infatti si contano diversi incidenti alla Peraltada, fra cui un crash impressionante di Senna che con la McLaren nel 1991 si cappottò pericolosamente uscendone intontito ma illeso. Oggi la Peraltada non ti costringe più a decidere se parzializzare oppure prendersi dei rischi e tenere giù perché, arrivando da curve lentissime, si percorre in piena accelerazione. Ma resta insidiosa per via dell’asfalto scivoloso, infatti Bottas che era il secondo dei top in pista all’improvviso ha perso il controllo e si è schiantato sulle protezioni. Dietro di lui arrivavano tutti lanciatissimi staccati di pochissimi secondi l’un dall’altro. E tutti quanti, visto l’incidente, anche prima che uscissero le bandiere gialle, hanno sollevato il piede dal gas per evitare collisioni. Ha rallentato Vettel, ha rallentato Hamilton, ha rallentato Albon, mentre Verstappen che era l’ultimo del gruppetto ha tenuto giù il piede e ha migliorato la sua pole position.
Va detto che di solito quando c’è un incidente ed esce la bandiera gialla, oltre al drappo sventolato dal commissario, si accendono a bordo pista pannelli a luce Led gialla ben più visibili del drappo, per avvisare i piloti. E da un paio d’anni c’è anche un sistema wireless che accende una luce gialla sul cruscotto delle auto dei piloti per avvisarli che nel punto della pista in cui si trovano c’è una zona di neutralizzazione. Sfiga ha voluto che Bottas, nell’incidente, abbia travolto, distruggendoli, i sensori della FIA che trasmettono il segnale per cui il sistema di avviso elettronico (pannelli led in pista e luce gialla sui cruscotti) non è scattato. Ma la bandiera gialla old style è regolarmente uscita in quel punto. Tutti i piloti prima di lui, anche senza luci gialle o bandiere gialle, hanno doverosamente rallentato abortendo il proprio giro. Verstappen, che era l’ultimo, non lo ha fatto. Lui si è difeso dicendo che non aveva visto la bandiera, ma in serviva un drappo giallo per capire che c’era una situazione di pericolo in pista. Avrebbe dovuto arrivarci da solo. Perché gli altri prima di lui hanno frenato e lui no?
La risposta è facile: perché quando guida gli si chiude la vena e non guarda in faccia a nessuno. Questo non è bello e neppure sportivo. Perché la cosa grave è che così facendo non ha violato soltanto le norme di sicurezza, ma anche quello che è un codice etico e di rispetto tra i piloti: quando c’è un incidente, con una macchina ferma in pista e sopratutto il pilota dentro che non si sa se sia ferito oppure no, si DEVE rallentare e basta. Non ci sono scusanti. Si deve farlo. Per motivi di sicurezza, per non creare rischi e per facilitare i soccorsi e anche per rispetto del collega. Una macchina che transita invece in piena velocità spaventa e inibisce i soccorritori che potrebbero esitare e magari quei pochi secondi di ritardo potrebbero diventare decisivi per la vita del pilota. Verstappen perciò non ha solo calpestato le regole della FIA, ma ha indirettamente insulto i suoi stessi colleghi dimostrando che non ha a cuore la loro salute. Ben diverso da Vettel che quando vede una macchina incidentata, si preoccupa per il collega e chiede sempre radio al suo box cosa si è fatto e se sta bene.
A BIG hit for @ValtteriBottas 💥😮 But the good news is he’s OK! 👌pic.twitter.com/ZLKbi6z2vO
— Mercedes-AMG F1 (@MercedesAMGF1) October 26, 2019
La cosa grave è che Verstappen ha persino ammesso candidamente di non avere rallentato in conferenza stampa post qualifiche! Questo ha fatto scattare la seconda parte dell’indagine che inizialmente lo aveva assolto. Per questo è scattata la punizione, che non è soltanto la cancellazione del tempo di Max in quel giro, altrimenti col giro veloce del primo run avrebbe comunque mantenuto la pole position, ma è scattato invece un provvedimento più grave: la penalizzazione di tre posizioni in griglia. E due punti di penalità sulla licenza. Punizione giustissima e sacrosanta.
Ma io se fossi nella FIA punirei anche il suo box che non lo ha avvisato della situazione di pericolo. Horner e Marko sono stati sciocchi e ingenui in quella circostanza perché ancor più di Verstappen che era in pista e non poteva sapere cosa accadeva agli altri, loro avevano bene sott’occhio il display dei tempi. Avranno sicuramente visto che Leclerc non si era migliorato, che Bottas aveva sbattuto, che Vettel e Hamilton avevano rallentato e che la pole di Verstappen del primo run era comunque salva. Quindi avevano prima di tutto il dovere di informare istantaneamente il loro pilota della situazione di pericolo. E poi di dirgli di rallentare perché la pole era comunque garantita. I collegamenti radio sennò a che servono, se non a far fronte a situazione di emergenza? E quella era emergenza vera! Si, una bella multa all’arrogante Helmut Marko che non salvaguardia i propri piloti dall’errore ci starebbe proprio bene. Perché nel calcio l’allenatore che sbaglia viene espulso e deve andarsene in tribuna mentre invece il capo della squadra F1 non paga mai per i propri errori? Un paio di GP lontano dai box forse porterebbero il buon Marko a comportarsi meno altezzosamente. Verso il mondo della F1 e verso i suoi stessi piloti.
Ottimo commento, Alberto. Condiviso appieno.
Mi piacerebbe conoscere il tuo giudizio su Seb in partenza con Lewis…
Grazie.
Fabrizio